Il calcio choc approda anche qui: almeno due partite sospette

Avvisi «mafiosi» al ds del Montevarchi che reagisce. Due gare della Bucinese nel mirino per premi a vincere. Giallo Foiano, riflettori anche su due match della Castiglionese

Palloni in un campo da calcio (Foto di repertorio Olycom)

Palloni in un campo da calcio (Foto di repertorio Olycom)

Arezzo, 21 luglio 2017 - Tocca anche la provincia di Arezzo la maxi-inchiesta della procura di Prato sulla tratta dei baby calciatori, arrivati dall’Africa con certificati falsi. E c’è anche uan parte che riguarda undici partite, secondo la procura truccate, di Lega Pro ed Eccellenza e Promozione toscane. Entrambi i filoni lambiscono Arezzo. Partiamo dalle presunte gare farlocche. Nel mirino due partite della Bucinese, in casa contro la Lastrigiana e il Valdarno (Figline).

Sarebbe stato il presidente della Sestese Filippo Giusti, uno degli arrestati, a contattare telefonicamente un allora dirigente della società valdarnese (ora passato ad altro club) offrendo un incentivo a vincere le due gare per favorire la stessa Sestese impegnata nella lotta per non retrocedere. L’ex ditigrente, peraltro, avrebbe risposto che nella situazione in cui la Bucinese si trovava (difficoltà nel pagamento degli stipendi), i giocatori non c’erano con la testa. Per la cronaca, i due match si conclusero con la sconfitta della squadra aretina. L’ex dirigente risulta tra i ventiquattro indagati (anche un arbitro oltre a dirigenti e ad alcuni calciatori).

E sarebbero stati interrogati nel quadro dell’inchiesta anche due esponenti di punta del Foiano. Riflettori  anche su due match della Castiglionese (un pareggio e una sconfitta).  L’altro versante, quello della tratta dei baby giocatori, vede come parte lesa una gloriosa società come l’Aquila Montevarchi. L’episodio, non perseguibile per mancanza di querela, illustra il sottobosco in cui certi personaggi si muovevano, ma dimostra anche la fermezza del direttore sportivo rossoblù, Giorgio Rosadini.

E dunque: sempre Filippo Giusti, presidente della Sestese, arriva secondo la procura a minacciare Rosadini, reo di aver contattato un giocatore delle giovanili del Prato per fargli indossare la casacca dell’Aquila. Il procuratore Filippo Pacini, un altro degli arrestati (c’è pure il presidente del Prato Paolo Toccafondi) chiama Giusti e gli parla del contatto del Montevarchi con il ragazzo.

Giusti si arrabbia, telefona al ds rossoblù Rosadini, la conversazione è accesa, «il prossimo anno il Montevarchi giocherà a casa mia» tuona il patron della Sestese. Rosadini si scusa per il comportamento involontariamente scorretto ma avvisa Giusti che «il tono mafioso» non gli piace. Di nuovo Giusti e Pacini a colloquio. Da esso si capisce che Rosadini aveva perfettamente compreso la natura dell’avvertimento: con quell’affermazione Giusti minacciava di inserire il Montevarchi in un girone con squadre lontane, probabile allusione alla Sardegna.

Ancora Giusti chiama il presidente dell’Aquila e gli dice a chiare note che quel calciatore lo può cedere a tutti ma mai al Montevarchi. Però secondo i giudici, il club valdarnese non si fa intimidire, «la posizione di Rosadini appare ferma». Lui non è impaurito ma si sente «oltraggiato (e ne ha tutte le ragioni) e offeso». Dice a Giusti di non volere parlare più con lui per scelta libera visto il personaggio che era.

di Sergio Rossi