Arezzo, 21 febbraio 2018 - Un bicchiere e alcuni mozziconi di sigaretta. Più qualche macchia di sangue rappreso ritrovata dentro la casa di via del Saracino in cui Gastone Pagni fu sottoposto a un violentissimo pestaggio. Eccoli gli elementi attraverso i quali gli inquirenti sperano di risolvere il giallo dell’informatore farmaceutico morto il 20 agosto 2015, quaranta giorni dopo che era stato massacrato di botte, il 9 luglio.
Il bicchiere e i mozziconi di sigaretta, spiegano fonti vicine alle indagini, sono stati prelevati nel carcere di Salerno in cui è detenuto Nazredine F., il tunisino indagato per omicidio preterintenzionale e sospettato di essere stato l’autore del pestaggio. E’ stato il Pm Angelo Masiello, che segue il caso fin dalle prime battute, ad inviare la polizia in cella per acquisire i reperti che servono per effettuare il test del Dna.
In sostanza, il codice genetico ricavato dalla saliva rinvenuta su cicche e bicchere, viene comparati in questi giorni, nei laboratori dell’università di Pisa, con le tracce ricavate dalle macchie di sangue. Queste ultime, secondo le indiscrezioni, non sono nitidissime e non c’è dunque la certezza di arrivare a un risultato attendibile, in grado di risolvere il mistero.
Di sicuro, se i due Dna dovessero coincidere, sarebbe una prova pesantissima a carico dello spacciatore magrebino, che a quel punto diventerebbe il principale indiziato dell’aggressione che lasciò Pagni tramortito. A ritrovarlo fu qualche giorno dopo l’infermiere che lo assisteva: fu lui a dare l’allarme, con il ferito trasportato in gravi condizioni a Siena.