"E45, ignorati pericoli e buche della strada": ora gli accusati attesi dal Pm

Dopo la chiusura indagini e i rilievi fatti dalla Procura, hanno chiesto di essere interrogati: poi l'eventuale richiesta di rinvio a giudizio

La Due Mari a ostacoli

La Due Mari a ostacoli

Arezzo, 22 maggio 2017 - A quasi due mesi di distanza dall’avviso di chiusura indagine, con l’accusa di attentato alla sicurezza dei trasporti, non c’è ancora la richiesta di rinvio a giudizio per i cinque dirigenti dell’Anas indagati sul dissesto della E45, la superstrada che è una sorta di incubo degli automobilisti: buche come crateri, fondo stradale che non tiene, cantieri che rallentano il traffico. Non c’è non perchè la procura si sia dimenticata dell’inchiesta ma perchè alcuni degli accusati hanno chiesto nell’arco dei venti giorni previsti dalla legge di essere interrogati per chiarire la loro posizione. Di dimostrare insomma che loro non c’entrano.

A questo punto, dunque, si riparte dai faccia a faccia fra il procuratore capo Roberto Rossi e i dirigenti dell’Anas, anche se ben difficilmente saranno sufficienti a convincere il magistrato a chiedere l’archiviazione. Gli accusati sono AntonioMazzeo, ex capo del compartimento di Firenze dell’azienda nazionale delle strada, Alfredo Cavalcanti e Andrea Primicerio, dirigenti dell’area tecnica ed esercizio, Maurizio Polverini e Rocco Olivieto, responsabili della manutenzione. Il j’accuse a loro carico è tutto contenuto nell’avviso di chiusura indagini e fa impressione soltanto a leggerlo.

I cinque, accusa la procura, hanno ignorato «le situazioni di pericolo per la sicurezza stradale segnalate ripetutamente dal capocantoniere e dal dipartimento della polizia stradale». In particolare, «la formazione di buche di rilevanti dimensioni e profondità» e ancora «le pronunciate irregolarità e sconnessioni» conseguenti alla rottura delle testate dei viadotti, coi giunti metallici «che si conficcavano come una lama nell’abitacolo e/o negli organi di trasmissione, causando la perdita di controllo».

E non è finita: come risulta dall’esame del manto stradale, strato di fondazione e rilevato sono «strutture in stato di avanzato degrado e deterioramento», per colpa anche delle acque meteoriche (la pioggia) che col sale antighiaccio andavano a formare un micidiale cocktail capace di corrodere l’asfalto, «aumentando di fatto la situazione di pericolo di nuove rotture e formazione buche».

E’ un capo di imputazione che qualsiasi automobilista in transito sul tratto aretino della E45 potrebbe sottoscrivere sulla base della propria esperienza. Ora i dirigenti dell’Anas proveranno a dire che non è responsabilità loro, che le colpe stanno altrove. Ma se non riusciranno a convincere il procuratore Rossi (un’altra inchiesta in parallelo è in corso sul tratto romagnolo ad opera dei Pm di Forlì, indagati gli uomini del compartimento Anas di Bologna) dovranno affrontare il processo. E magari servisse a restituire un minimo di dignità alla superstrada dello scandalo. Al di là dei reati, sarebbe già un miracolo.

di Salvatore Mannino