Commozione e tanta gente all'addio a Carlini: il ricordo del nipote, l'omaggio del Vescovo

Ieri nella Sala del Consiglio della Croce Bianca il rito civile di saluto a uno dei protagonisti assoluti del volontariato aretino: aveva 77 anni

Mariano Carlini

Mariano Carlini

Arezzo, 13 dicembre 2017 - "Noi vogliamo ricordarlo per la sua bontà, per il suo impegno e per lo spirito di innovazione con il quale ha diretto la Croce Bianca di Arezzo per trent’anni”: è il messaggio che è apparso sul sito della Croce Bianca. Un saluto al suo presidente: ma forse soprattutto una carezza, una carezza piena di gratitudine ad un amico, ad un compagno di strada, alle spalle grosse che per tanto tempo hanno tutelato e fatto crescere l'associazione.

E' il clima che si respirava nella sala del consiglio. Commozione e gratitudine. I volontari con le loro casacche colorate tirate a lucido,le autorità, gli amici, i familiari. Un rito civile, come Carlini avrebbe voluto, ma che ha ricevuto anche l'omaggio del Vescovo: Riccardo Fontana si è inchinato davanti ad un protagonista del volontariato e quindi della gratuità tra i più importanti ad Arezzo. "Questo uomo giusto è passato in mezzo a noi con una virtù rara: la dignità"

Una serata aperta dal nipote, "una persona per bene": lo ha ricordato così, con affetto. Poi a raccontarlo sono stati i dirigenti della Croce Bianca, hanno tratteggiato i 31 anni della sua presidenza, mentre altri hanno anche sottolineato i suoi legami con la massoneria.

Poi il feretro è stato portato giù, ha sfiorato quegli ambienti che Carlini conosceva certamente come le pareti di casa sua, fino all'aperto. Le note di una piccola banda, le lacrime di quanti avevano condiviso con lui una bella fetta di vita. E una storia che resta lì, a testimoniare quanto dei nostri gesti, a cominciare dai migliori, ci sopravvivano.

IL RICORDO. La notte in cui era stato sequestrato dentro casa sua e chiuso in camera dai ladri ha sempre raccontato che aveva battuto più volte il pugno sulla porta. Ma sotto sotto nessuno ci aveva creduto. Perché Mariano Carlini, il presidente storico della Croce Bianca, scomparso ieri a 77 anni, dal 1986 era l’immagine stessa del volontariato in punta di piedi, sommesso, puntuale, affidabile ma mai invadente.

E quando per i 30 anni della sua presidenza gli avevano organizzato una festa a sorpresa, facendogli trovare centinaia di amici nei saloni dell’associazione, aveva reagito con emozione ma anche con l’imbarazzo dei timidi. Ieri si è spento. Si è spento in ospedale, piegato dalla solita, maledetta malattia. Intorno alle 11: una notizia che in pochi minuti, come una freccia, è arrivata dalle parti della Croce Bianca.

Lì, in quella sede che avrebbe voluto cambiare, per regalare alla sua associazione una struttura più moderna. Ma si era andato a infrangere sugli anni di Variantopoli: in tribunale avrebbe raccontato da testimone come avessero cercato di farlo passare, per un ok urbanistico, sotto condizioni alle quali non aveva voluto piegare la testa. Timido ma determinato e con le idee chiarissime. Dal 1986 presidente della Croce Bianca.

E lo avevano riconfermato pochi giorni fa, a suon di voti: forse anche di chi sapeva che non gli restava tanto da vivere. Fragile ma circondato dalla fiducia di sempre. «Era un grande organizzatore e un uomo buono»racconta commosso Claudio Rampini. Prima semplice socio, poi presidente: una vita regalata al volontariato. Trasformando l’associazione dalla semplice generosità dei primi tempi, dalle frizzanti sfide a distanza con la Misericordia, ad una macchina meticolosa.

Oggi 45 persone ogni mattina si mettono al lavoro per il soccorso: ed è una realtà che spazia dall’emergenza alle onoranze funebri al’assistenza domiciliare. Lui, geometra, a lungo al lavoro nell’ente irriguo: una veste nella quale aveva progettato la diga del Calcione, il canale Battagli in Valdarno, della cui tenuta era rimasto responsabile fino a pochi anni fa. E ancora lo chiamavano per un consiglio. Il suo telefono era sempre acceso, per ogni emergenza: ma sempre stemperando, invitando a non drammatizzare.

Più o meno con la stessa pacatezza con la quale raccontava quel furto in casa, compresi i famosi i pugni battuti ulla porta. Da ieri pomeriggio i suoi resti sono nella Sala del Consiglio, che lui tante volte aveva messo a disposizione come camera ardente. E oggi alle 14.30 sarà celebrato il rito civile. Un addio, un saluto sommesso, nel suo carattere.

Diventava appena enfatico solo quando si rivolgeva ai suoi volontari, al gruppo femminile. «Ci prendiamo cura della città dal 1892» gli ricordava sempre. Aveva 77 anni, compiuti ad agosto: già stava lottando con la malattia. Con fermezza ma in punta di piedi. E forse senza battere il pugno sulla porta.