Litiga col figlio a cena e esce: al ritorno il ragazzo lo uccide, poi chiama i carabinieri

Lucignano, il delitto a mezzanotte: la vittima era Raffaele Ciriello e aveva 51 anni: è stato centrato dal figlio diciottenne Giacomo. "Ho fatto quello che dovevo"

La vittima con il figlio da piccolo

La vittima con il figlio da piccolo

Arezzo, 27 febbraio 2017 - Ucciso con un colpo di arma da fuoco. E' morto così a Lucignano un uomo di 51 anni, intorno a mezzanotte. Si chiamava Raffaele Ciriello e di mestiere faceva il fabbro, era il titolare di una carpenteria, che occupa una parte della casa dove viveva.

La tragedia
La tragedia

E' stato Giacomo, il figlio diciottenne, a uccidere il padre.  Lo ha ucciso usando una vecchia doppietta del padre. E poi sempre lui ha chiamato i carabinieri per denunciarsi. "Venite a prendermi, ho ucciso mio padre". Tutto lì, in una villetta ricavata da una casa colonica, dopo un viale di accesso circondato dai pini. Lungo la salita che dalla Due Mari e dal Monte risale verso Lucignano ma da dove è praticamente impossibile mettere a fuoco sullo sfondo le luci del paese.

L'abitazione
L'abitazione

Davanti ai carabinieri si è consegnato subito, senza fare alcuna resistenza, sul filo della decisione di costituirsi e di chiamarli al telefono. Un omicidio d'impeto dopo l'ennesima litigata? Sembrava l'ipotesi più probabile e potrebbe perfino riproporsi nel corso dell'accertamento della verità.

Ma per ora la realtà che sembra emergere non è esattamente questa. I carabinieri hanno visto gli estremi dell'omicidio volontario ma anche premeditato.

Perché? Proviamo a rivivere la ricostruzione della notte che ha cambiato la vita di una famiglia. Babbio e figlio probabilmente cenano insieme, si erano ritrovati dopo alterne vicende. A tavola probabilmente scoppia una lite, l'ennesima: forse sul filo delle divisioni che si erano create in casa dopo la separazione dei genitori, dentro un ragazzo profondamente legato alla mamma.

Ma non è al culmine della lite che parte il colpo di fucile. No, perché secondo le indagini condotte con cura dai carabinieri a quel punto Raffaele Ciriello esce di casa, forse per andare al bar in paese, anche se su questo non ci sono al momento testimonianze stringenti.

Giacomo resta solo, nella casa avvolta dal buio della campagna. Ed è in questa fase che prende corpo la decisione fatale. Ritrova la doppietta del babbo, spara un colpo probabilmente di prova, in aria, e aspetta che il padre rientri. E quando arriva ecco lo sparo che uccide. Alla base, certo, la rabbia o la furia di quell'ultima litigata, dalla quale a questo punto sono passate circa tre ore. Ma non proprio il colpo esploso nel pieno di una discussione lacerante. A quel punto il resto è fatalmente appeso alle pieghe di una vicenda giudiziaria meno scontata di quanto le verità della notte non sembrassero far presagire.

Motivazioni? Un altro capitolo tutto da scandagliare. Pare che il ragazzo non accettasse la nuova relazione del babbo con una cugina. Anche se da qualche tempo il ragazzo aveva cominciato a lavorare con lui nella sua carpenteria. Ai carabinieri il giovanissimo assassino ha detto, prima che arrivasse il suo avvocato: ho fatto quel che dovevo. Una frase che suona gelata, anche se con le radici in quella lite in casa.

Vicino alla casa viveva anche la nonna del ragazzo, la mamma di Raffaele, che però non avrebbe sentito nulla della tragedia che stava scorrendo sotto i suoi occhi.

Il resto corre sul filo del telefono. La chiamata ai carabinieri, fatta direttamente dal ragazzo, che neanche si pone il dubbio di fuggire nella notte buia di Lucignano e della sua campagna.  I carabinieri chiamano il 118, perché in questi casi devi prepararti ad ogni evenienza, perfino alla realtà esagerata raccontata dallo stesso assassino.

Ma la realtà è quella: Raffaele è morto, i sanitari non possono far altro che constatarlo, lasciandone i poveri resti alle ricerche che partono immediatamente, sfruttando la professionalità dei reparti scientifici.

Uno dei passaggi di un'inchiesta condotta dai militari della compagna di Cortona guidati dal capitano Monica Dallari, raggiunti dal Pm Laura Taddei, che ha poi disposto la rimozione del cadavere. A quel punto il figlio era stato già arrestato e portato nella caserma dei carabinieri per essere interrogato. L'accusa è pesantissima, quella di omicidio volontario premeditato aggravato dal rapporto di parentela.

I sanitari sul posto
I sanitari sul posto

Mentre alle sue spalle la zona è ritornata nel buio, protettivo, dal quale quello sparo improvviso l'aveva strappata, esplodendo un lampo di violenza familiare, fino a quel momento tenuta nel riserbo della casa ma che alla fine si è tradotta in un delitto: il più terribile, quello che ha messo un figlio contro un padre.