Così fallì l'allenza tra Etruria e Vicenza: ecco le carte segrete di Banca d'Italia

Il drammatico vertice del 16 giugno 2014: il resoconto dell’incontro nellee carte depositate in commissione d’inchiesta. Perchè Zonin disse no al contropiano Rosi.

Banche, proteste in piazza

Banche, proteste in piazza

Arezzo, 22 ottobre 2017 - Nella spirale del crac di Banca Etruria è uno dei momenti più drammatici: la riunione in Banca d’Italia, il 16 giugno 2014, in cui fallì definitivamente la trattativa per l’aggregazione di Bpel a Popolare Vicenza. Di quel pomeriggio finora c’erano soltanto le testimonianze (senza virgolettati) dei protagonisti aretini. Adesso, fra le migliaia di carte segrete che il governatore Ignazio Visco ha depositato presso la commissione d’inchiesta sul sistema creditizio, spunta anche il verbale che di quell’incontro fu inviato due giorni dopo al direttorio (il vertice) di via Nazionale.

Firmato da Ciro Vacca, numero due della Vigilanza, il dirigente che appena due mesi prima aveva siglato la lettera che imponeva discontinuità in Bpel e dunque la non riconferma a presidente di Giuseppe Fornasari, sostituito da Lorenzo Rosi. La Nazione ha avuto modo di consultare la relazione di Vacca e di ricostruirne i contenuti, divisi in due parti: la ricostruzione dei fatti e le considerazioni della Vigilanza per il direttorio.

La riunione si svolge su urgente richiesta di Etruria, ma Bankitalia ritiene opportuno che partecipino anche quelli di Popolare Vicenza. Da una parte, dunque, ci sono il presidente Rosi e i suoi due vice Alfredo Berni (vicario) e Pierluigi Boschi, con il capo dei revisori Massimo Tezzon e gli avvocati, dall’altra il numero uno di Bpvi Gianni Zonin e il suo direttore generale Samuele Sorato. Più ovviamente Vacca e il direttore della vigilanza Carmelo Barbagallo.

I vicentini presentano la loro proposta: Opa per cassa di un euro ad azione valevole per il 90 per cento del capitale di Etruria. Il prezzo, spiegano, è vantaggioso, le condizioni irrinunciabili. Rosi, per Etruria, oppone che un’offerta del genere verrebbe probabilmente bocciata dall’assemblea dei soci e lancia una controproposta: cessione a Vicenza di 69 sportelli nel nord e lungo la dorsale adriatica, con diritto di prelazione alla banca di Zonin in vista di una successiva aggregazione della banca.

A questo punto occorre fare un inciso nella ricostruzione di Vacca. Il piano Rosi, dicono gli aretini, era il frutto di un’intesa raggiunta nei giorni precedenti con Sorato, il dg di Vicenza, e nell’incontro che sabato 14 si era svolta a Gaiole in Chianti, nella villa di Zonin, aveva avuto il via libera anche del presidente veneto. "A patto - ricostruiscono i testimoni di Bpel - che dica sì anche la Vigilanza".

Infatti, nella riunione del 16, stando sempre alla relazione Vacca, Zonin si mostra inizialmente pronto ad esplorare la strada proposta da Rosi. A due condizioni: l’obbligo giuridico per Etruria di andare fino in fondo sulla strada dell’aggregazione e la fissazione di date certe e imminenti. A dire il vero, questo è un passaggio che gli aretini dicono adesso di non ricordare: nella loro memoria è rimasto solo il no finale di Zonin.

Fatto sta che sulla differenza fra diritto di prelazione e obbligo giuridico si arena definitivamente l’alleanza. Il presidente di Bipivi avrebbe detto (ma non è riportato nella relazione): "Voi volete l’autonomia, ma un’Opa è un'Opa". E lì finisce tutto, anche se il giorno dopo, il 17, ci sarà un passaggio formale nei rispettivi Cda che non cambia le posizioni.

Nelle considerazioni della vigilanza che chiudono la relazione, si nota come le condizioni tecniche di Etruria si vadano sempre più deteriorando e si suggerisce una nuova ispezione. Che infatti comincerà a novembre e porterà al commissariamento della banca. In Bpel, sempre secondo la relazione, esistono due linee: una favorevole e una contraria all’alleanza con Vicenza, la seconda ha preso il sopravvento. Successivamente verrà anche ritirata una linea di credito da 1,3 miliardi con Bce.