Consob accusa: "Crisi, i silenzi di Bpel". Ma segnali d'allarme li aveva avuti: ecco quali

Il vice direttore D'Agostino in commissione parla di omissioni e di realtà scoperchiata nel 2016. Ma quella riunione Bankitalia-Consob svoltasi il 13 dicembre 2013?

Giuseppe D'Agostino

Giuseppe D'Agostino

Arezzo, 15 dicembre 2017 - La giornata che poi esplode nel ciclone Boschi sul quale la politica impazzisce e si spacca era cominciata di buon mattino con l’atto di accusa durissimo, contro gli ex vertici di Banca Etruria, da parte di Giuseppe D’Agostino, vicedirettore di Consob che sostituisce nell’audizione in commissione banche il suo direttore Angelo Apponi indisposto. Il j’accuse parla esplicitamente di «comportamento omissivo» sulla reale situazione finanziaria della banca, in particolare nella documentazione di accompagnamento all’emissione delle subordinate.

Un atteggiamento di cui la commissione per la borsa avrebbe avuto piena consapevolezza solo nel maggio 2016 quando riceve dalla Nuova Bpel post-risoluzione le carte complete. In pratica, Consob si difende: non siamo noi che non abbiamo vigilato, è stata Etruria che ci ha nascosto i numeri. «In buona sostanza - dice D’Agostino - la banca ha raccolto 320 milioni nella conversione delle subordinate del dicembre 2012 (109 milioni) e nelle emissioni di bond del giugno 2013 (100 milioni) e del settembre 2013 (110 milioni) senza mai dichiarare di essere in una situazione di grave criticità gestionale e patrimoniale, così come indicato dalla Vigilanza già nel luglio 2012».

Il riferimento è alla lettera che il governatore Ignazio Visco invia al Cda di Bpel il 24 luglio 2012, primo grave segnale di allarme sulla crisi di Etruria. Consob quella missiva non l’ha mai avuta, ma ha avuto un sunto significativo di quella che lo stesso Visco invia al Cda aretino il 3 dicembre 2013, in cui si parla di banca «ingessata» e non più in grado di percorrere in via autonoma la strada del risanamento.

E’ l'atto che dà il via al processo di aggregazione con un «istituto di elevato standing» poi fallito e via Nazionale ne invia l’informativa alla commissione borsa il 5 dicembre, con ricezione (stampigliata sulle carte) il 6. Lì dentro c’è già tutto per capire che Etruria è una banca decotta: «Questo istituto - scrive Bankitalia - nel ritenere che la banca non sia più in grado di percorrere in via autonoma la via del risanamento (copia letterale di quanto scrive Visco Ndr), ha disposto la convocazione del consiglio d’amministrazione con all’ordine del giorno l’integrazione in un gruppo di adeguato standing».

Non bastava a Consob per intuire la gravità della crisi in cui era sprofondata Bpel? Ecco allora la trasmissione (il 30 ottobre 2013 ma arriva il 5 dicembre) della relazione degli ispettori di via Nazionale che hanno passato Etruria al setaccio, in cui si solleva specificamente la questione delle subordinate: il tasso di riferimento è quello dei titoli di stato ma non pare riflettere il vero stato della banca.

Non solo. C’è anche un’ulteriore riunione, come ha spiegato nella sua audizione Carmelo Barbagallo, direttore della vigilanza, «il 17 dicembre i rappresentanti delle due autorità approfondiscono quanto emerso nell’ispezione. La Consob comunica che è in corso un istruttoria per l’approvazione di un supplemento al prospetto che recepisca tutte le informazioni al momento disponibili».

E’ il famoso supplemento che viene pubblicato nel Bollettino di Consob il 23 dicembre. Le informazioni, un po’ criptiche, sullo sprofondo Etruria cominciano a esserci, ma alla vigilia di Natale non le vede nessuno. Così come nessuno o quasi esercita il diritto di recesso dalle subordinate concesso nei due giorni lavorativi successivi, quelli di fine anno.

Consob si risveglierà a maggio 2016 con l’avvio del procedimento sanzionatorio sfociato in multe per 2,7 milioni e nella trasmissione degli atti alla procura di Arezzo, con l’ipotesi di falso in prospetto. Intanto 5 mila azzerati hanno perso qualcosa come 250 milioni, comprese le azioni ridotte a un mucchietto di carta straccia.