Banca Etruria alla volata finale. Esuberi e deteriorati i nodi da sciogliere

In lizza ancora fondi Usa, Bper e Bnl. Le stime su sofferenze e personale

IL MANAGEMENT Roberto Nicastro, presidente, e in alto Roberto Bertola, Ad di Banca Etruria

IL MANAGEMENT Roberto Nicastro, presidente, e in alto Roberto Bertola, Ad di Banca Etruria

Arezzo, 2 settembre 2016- Ormai siamo alla volata finale. E per Banca Etruria se la gioca un gruppetto che al massimo comprende quattro campioni più un paio di outsider. Da Milano gli ambienti vicini al presidente Roberto Nicastro confermano: si chiude entro il fine settimana e da lunedì cominciano le trattative vere, quelle con chi ci sta. Gli interessati, ad oggi, paiono abbastanza assodati: i due fondi americani Apollo e Lone Star la cui offerta irrinunciabile (non superiore ai 400 milioni per l’intero pacchetto delle 4 good bank) era stata respinta al mittente ai primi di agosto, Bper, che pure in due Cda consecutivi non ha ancora presentato alcuna proposta concreta (ma la stampa finanziaria continua parlare di 300 milioni per i due bocconi più grossi, Etruria e Marche), e Bnl-Bnp Paribas, che guarderebbe anch’essa al binomio Arezzo-Ancona. In panchina il gruppo riassicurativo panamense Barents, più freddo sull’idea di farsi avanti per le compagnie assicurative di Bpel, ossia Bap Vita e Bap danni, e il fondo londinese Apax, che non è mai sceso in campo davvero. C’è poi il Fantasma dell’Opera, ovvero il Godot del Fondo Interbancario, che è una specie di Araba Fenice: che ci sia lo dicono in tanti da novembre, dove sia nessuno lo sa.

Sul tappeto tuttavia restano almeno due questioni. Intanto c’è il problema esuberi del personale. Secondo alcune fonti, Bper ne stimerebbe 800 fra Etruria e Marche su un totale di quasi 5 mila dipendenti (1800 a Bpel), quasi il 20 per cento. La maggioranza potrebbe riguardare proprio Ancona, dove non è stato ancora predisposto alcuno snellimento di personale. mentre via Calamandrei (col piano varato prima del commissariamento) ha già fatto i compiti a casa, solidarietà e prepensionamenti. I sindacati mettono le mani avanti contro la «macelleria sociale», ma qualche ulteriore sacrificio è nella logica delle cose.

C’è poi il caso dei deteriorati che riemergono. Sono quelli maturati dopo la pulizia della cessione alla Bad Bank. Secondo le prime stime, sarebbero 800 milioni di sofferenze e 3 miliardi di crediti incagliati per l’intero polo delle 4 good bank, di cui la gran parte sarebbero in pancia ai due istituti maggiori, Bpel e Marche. Per quanto riguarda le sofferenze, sarebbero già coperte per mezzo miliardo, con una correzione da fare minima, di una cinquantina di milioni, mentre per gli incagli la garanzia al 25 per cento andrebbe portata al 40, con una spesa di 420 milioni. Chi compra, soprattutto Bper e Bnl, chiede garanzia, gli studi legali sono al lavoro per risolvere il problema, probabilmente i potenziali acquirenti chiederanno decurtazioni del prezzo.

E lì si cade precisi nell’altro tema caldo. Perchè se è chiaro che a questo punto le banche finanziatrici del Fondo di risoluzione (inizialmente Intesa, Unicredit e Ubi) non recupereranno mai gli 1,8 miliardi messi a disposizione, la mission di Nicastro è di ridurre al minimo la perdita. Per questo, oltre che per una serie di paletti posti, le offerte degli americani erano state giudicate irricevibili. A quanto pare, Apollo e Lone Star le avrebbero riproposte quasi pari pari, le banche italiane sarebbero pronte a offrire qualcosa in più (lo spezzatino, cioè la vendita banca per banca potrebbe portare in cassa mezzo miliardo) ma la differenza con la dote iniziale resta importante. E’ un’altra spina del dossier bancario, che in Italia punge come non mai.