L'assassina resta in cella. "Che ho fatto! Lui mi picchiava'. Dino, tanti ai funerali

Dichiarazione dopo essersi avvalsa davanti al Gip della facoltà di non rispondere. No ai domiciliari per il rischio di reiterazione del reato. Ultimo saluto a Gori: ex colleghi dalla Sicilia

Omicidio a Lonnano

Omicidio a Lonnano

Arezzo, 22 ottobre 2016 -  Resta in carcere Paola Marzenta, l'assassina di Lonnano di Pratovecchio, la donna che ha ucciso martedì pomeriggio con un colpo di fucile l'ex marito Dino Gori. Intanto oggi si sono svolti i funerali dell'uomo con l'intero paese che ha partecipato commosso alle esequie. A Pratovecchio sono arrivati perfino dalla Sicilia ex colleghi del Maresciallo dell'Aeronauitca in pensioone.

Tornando a Paola, il Gip Giampiero Borraccia ha  disposto la custodia cautelare in cella, rigettando la richiesta di una misura meno afflittiva (almeno i domiciliari) che era stata presentata dalla difesa. Viste le condizioni di confusione e disagio psicologico della donna, spiega nella sua ordinanza, c'è ancora il rischio di reiterazione del reato, che cioè possa uccidere di nuovo. Borraccia non ha invece convalidato il fermo disposto martedì: non c'era pericolo di fuga. Ma con l'ordinanza di custodia cautelare, la mancata convalida non ha alcun effetto pratico.

«Cosa ho fatto? Cosa ho fatto? Sono frastornata, non ricordo! Mi dispiace ma lui mi picchiava». Sono queste le uniche parole sull’uccisione del marito Dino Gori pronunciate ieri mattina da Paola Marzenta dopo aver verbalizzato davanti allo stesso Gip, nel carcere di Sollicciano, di volersi avvalere della facoltà di non rispondere».

«Non ricorda quello che è accaduto e per il momento non è in grado di ricostruire i fatti – ha spiegato il suo avvocato Saverio Agostini – stiamo aspettando la decisione del giudice, abbiamo chiesto la scarcerazione con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, l’obbligo di dimora a Pratovecchio o in alternativa gli arresti domiciliari». Ma il giorno dopo è arrivato il no del giudice.

Intanto il consulente Leonardo Donati, che giovedì ha analizzato i lividi e le tumefazioni della donna per capire se sono immediatamente precedenti al delitto o se invece risalgono a un momento precedente, ha invitato il Pm ad analizzare la possibilità di sottoporre l’imputata a una perizia psichiatrica. Paola era consapevole di quello che stava facendo quando ha imbracciato il fucile e ha sparato al marito? Se la donna verrà sottoposta alla perizia richiesta dal consulente, e se questa accerterà che quando ha sparato non era nel possesso delle sue facoltà mentali, un’altra importante attenuante potrebbe aggiungersi a quella probabile dello stato d’ira provocato dalle botte subite dal marito appena prima del delitto.

Tutto dipende dalla collocazione temporale dei lividi e delle tumefazioni: il consulente si è preso altro tempo prima di decidere e ha chiesto di visitare di nuovo Paola nei prossimi giorni. Agire nello stato d’ira, scatenato da una provocazione, è un’attenuante del reato di omicidio volontario riconosciuta dal codice penale. Rimane poi da capire l’esito della perizia psichiatrica. Ma Paola per il momento non ci pensa, vorrebbe solo tornare a casa.

«Ovviamente non posso dire di averla vista più tranquilla durante l’incontro di ieri: è ancora sotto shock e certo l’ambiente duro del carcere di Sollicciano non la sta aiutando, anche se piano piano sembra prendere consapevolezza di quanto accaduto» ha raccontato Agostini. L’avvocato si trova a essere un testimone chiave dell’inchiesta: subito dopo aver sparato il colpo che ha ucciso il marito, infatti, Paola ha chiamato Agostini, che per primo è arrivato nel luogo del delitto trovando la donna completamente fuori di sé e con il corpo e il volto tumefatto.

FRANCESCA MANGANI