"Ho ucciso mio padre": lo trovano a mani alzate. Un colpo di prova prima di quello fatale

Gli ha sparato al viso con una vecchia doppietta del babbo. L'ultima lite scatenata dagli apprezzamenti di Ciriello sulla madre. Lui aveva sofferto molto della separazione

Raffaele Ciriello, la vittima

Raffaele Ciriello, la vittima

Arezzo, 27 febbraio - Ha aspettato i carabinieri a mani alzate, nel cortile della villetta, in apparenza una vecchia casa colonica ristrutturata, in cui aveva appena ucciso il padre, Raffaelo Ciriello. Giacomo, il figlio di 19 anni, ha sparato con la doppietta del babbo, un fucile da caccia ormai vetusto. Argomento sempre il solito, i contrasti fra padre e figlio sulla madre, da cui Raffaele, 51 anni, fabbro, si era separato qualche anno fa. Il babbo avrebbe espresso degli apprezzamenti non proprio di elogio nei confronti della signora e questo Giacomo deve averlo vissuto come l'ultima goccia.

All'interno della villetta è andato a cercare la doppietta, di cui sapeva dove fosse conservata, l'ha imbracciata, l'ha caricata con due cartucce da caccia. Poi è uscito e, in assenza del babbo, ha esploso un primo colpo di prova verso la campagna. Esplodendo il secondo al ritorno del padre, forse uscito per andare a calmarsi al bar.

Il padre si è affacciato sulla loggia di ingresso e a quel punto il figlio ha tirato il grilletto a bruciapelo, con un colpo che ha devastato il volto di Ciriello. I carabinieri hanno trovato traccia di materiale cerebrale ben dentro la casa. Poi la telefonata ai carabinieri: venitemi a prendere, ho ucciso mio padre.

Nel giro di qualche minuto il diciannovenne si è arreso al maresciallo che comanda la stazione di Lucignano. A seguire la solita sequenza di ogni delitto. In breve sono arrivati sul posto (la villetta è isolata, nei pressi c'è soltanto un'altra casa indipendente, a un centinaio di metri di strada bianca e stretta dalla provinciale dei Procacci, che collega Monte San Savino a Lucignano), il Pm di turno Laura Taddei, che successivamente si è spostata alla stazione dei carabinieri per interrogare il ragazzo, che su consiglio dell'avvocato Stefano Del Corto si è avvalso della facoltà di non rispondere, il colonnello Ligato, comandante provinciale dell'Arma, accompagnato dal colonnello Giuseppe Caturano, comandante del reparto operativo cui sono affidate le indagini, il capitano Monica Dallari, comandante della compagnia di Cortona.

I carabinieri nella notte hanno sentito anche la madre, Katia D., 46 anni, che vive a Monte San Savino dopo la separazione. Lei ha spiegato che dopo la rottura col marito, Giacomo le era stato affidato e aveva continuato a viverle accanto. Negli ultimi mesi c'era stato un riavvicinamento col padre, tanto che il ragazzo era andato a lavorare nell'officina di fabbro che Ciriello teneva al piano terra della villetta. Ma i rapporti non erano facili, anche perchè Giacomo aveva sofferto molto della separazione, tanto che si parlava adesso di mandarlo in cura da uno psicologo.

Un ragazzo che fino a quel momento aveva avuto un percorso, tra studi e amici, come tanti suoi coetanei. Qualche cambiamento in corsa di istituto, era stato iscritto due anni ai Geometri per poi passare per un paio di mesi al Liceo Scientifico e poi con ogni probabilità al Professionale di Foiano, ma senza mai mostrare particolari difficoltà di rendimento. E non a caso ai Geometri, che hanno nel biennio lo scoglio più duro, era stato entrambi gli anni promosso tranquillamente a giugno. 

Da un paio di settimane il ragazzo era rimasto a vivere col padre anche la notte, ma doveva trattarsi di una convivenza difficile, fatta di continue tensioni. Fino al tragico epilogo. Ora è rinchiuso nel carcere di San Benedetto, entro 96 ore dovrà presentarsi al Gip per l'interrogatorio di convalida dell'arresto in flagrante. E lì dovrà decidere se parlare e spiegare quello che è successo o rimanere chiuso nel suo silenzio. L'accusa per lui è pesante, omicidio volontario premeditato aggravato dal rapporto di parentela.