Arezzo, 28 giugno 2014 - TRE ANNI con l’indulto. E’ clemente la Corta d’Appello di Firenze con il geometra Maurizio Farsetti, condannato in primo grado a sei e al pagamento di due provvisionali da 50 mila euro e due da 10 mila, adesso ricondotte tutte a 5 mila euro.

Determinante la nuova figura di reato introdotta dalla riforma del 2012 che riconosce solo la concussione per costrizione. Il reato di cui era accusato Farsetti è diventato con l’articolo 319 quater «indebita induzione a dare o promettere utilità», con pena prevista dai 3 agli otto anni. La corte ha applicato il minimo co n le attenuanti generiche che scalano la pena di un terzo. Ai due anni così ricavati, si aggiunge l’anno di condanna, confermato, per l’altra accusa di peculato. Si arriva così ai tre anni coperti dall’indulto.

C’è di più. Essendo i fatti risalenti al 2005, si profila concretamente la possibilità della prescrizione nel caso di un ricorso della difesa proposto alla Cassazione che avrebbe un anno di tempo per decidere. Altrimenti, prescrizione.

Va avanti comunque il risarcimento delle parti civili assistite dall’avvocato Roberto Alboni. Il danno, a sentenza definitiva, dovrà solo essere quantificato con calcoli tecnici precisi.

Farsetti era statgo condannato in primo grado nel marzo 2010 a sei anni per concussione e peculato, interdizione perpetua dai pubblici uffici, 120 mila euro di risarcimento alle parti civili più le spese legali. Un’autentica stangata, perfino il Pm Roberto Rossi aveva chiesto di meno, cinque anni. Ma la corte presieduta da Mauro Bilancetti aveva avuto la mano pesante. Il geometra, assitito dall’avvocato Claudio Zander, si era giustificato a proposito dei rapporti economici con i tre imprenditori che lo accusavano: si trattava di consulenze professionali

Ma per i i giudici era concussione, cioè ricatto del pubblico amministratore nei confronti dei titolari delle aziende che gli hanno costruito la villa di Mugliano, e anche peculato, ovvero il furto delle antiche pietre dei selciati del centro storico, sottratte dai depositi del Comune per costruire il muro di cinta della residenza di via dell’Olmarello.

A FAR DETONARE lo scandalo era stata una denuncia pubblica del sindaco Fanfani sulla sparizione delle pietre. In pochi giorni l’inchiesta della Digos approdò all’imprenditore che aveva prelevato le mattonelle in pietra serena dai depositi comunali, ma lui cadde dalle nuvole: me lo ha detto Farsetti, mi ha spiegato che era tutto legale.

Di seguito il racconto su come l’impresario avesse partecipato alla costruzione della villa, col funzionario che gli avrebbe fatto intendere come dovesse rassegnarsi allo sconto se voleva ancora ricevere i lavori a trattativa diretta del Comune, da lui affidati personalmente. Dalla prima vittima si risalì in breve anche agli altri due imprenditori: quello che aveva realizzato gli impianti elettrici e quello che invece si era occupato dell’asfaltatura. Adesso l’appello ha riformato sostanzialmente la prima sentenza.

Salvatore Mannino

Sergio Rossi