Arezzo, 18 giugno 2014 - Quella chiesa non s'ha da fare? Beh, diciamo cheè sorto un comitato, si chiama "Difendiamo il territorio", che si oppone al progetto della nuova chiesa con centro religiosi nella zona degli Archi, a ridosso del cimitero,. Ecco il loro intervento.

"L’armonioso profilo della collina di San Fabiano, orlato dal famoso Acquedotto Vasariano che ne discende il dolce declivio e che ne disegna un quadro di eccezionale bellezza panoramica, sta per essere stravolto dalla costruzione di un insediamento incongruo rappresentato da un enorme complesso edilizio in stile moderno comprendente voluminosi edifici, di circa 10 metri di altezza, altri annessi, relative cementificazioni, asfaltature ed opere di urbanizzazione, ivi comprese una rotatoria e una bretella di collegamento che dovrebbe andare a confluire al di sotto degli Archi dell’Acquedotto Vasariano.

Tutto accade in sordina, senza che nessuno ne sappia niente, in barba alle tanto conclamate informazione, consultazione e democrazia. Lo contesta un nutrito gruppo di aretini venuti a sapere, per caso, dell’avvenuto
avvio “sotto traccia”, dell’iter per una Variante Urbanistica al Piano Strutturale finalizzata alla costruzione di un esteso complesso edilizio articolato in nuova chiesa parrocchiale, casa canonica, uffici parrocchiali, aule catechismo, oratorio per giovani e centro polifunzionale con annesse opere di urbanizzazione e attrezzature sportive che dovrebbe andare a cancellare buona parte dei campi e delle aree verdi che si trovano tra l’Acquedotto Vasariano, il Cimitero Monumentale, la zona di Fonte Veneziana e Villa Severi.

Secondo il Comitato, il progetto produrrebbe un sostanziale “consumo di nuovo suolo” e una “ferita alle bellezze storico- architettoniche e paesaggistiche della zona”. La stessa Provincia annovera, quali elementi identificativi e valori da preservare per la zona, il valore storico e paesaggistico delle numerose ville antiche, le visuali
panoramiche, oltre all’Acquedotto Vasariano cinquecentesco e della Torre detta di Gnicche (entrambi bisognosi di urgenti restauri). Rileva tra i possibili rischi da scongiurare, per l’impatto che produrrebbe, l’esistenza di un rischio di chiusura dell’anello a Nord.

Oltre che miope, si aggiunge, l’intervento appare antistorico, in un momento in cui anche lo Stato italiano ha operato la revisione delle proprie leggi quadro per limitare il deprecabile fenomeno del consumo del suolo e la Chiesa stessa focalizza le sue riflessioni sul tema della “Custodia del Creato”.

La prevista cementificazione dimostra quantomeno di sottovalutare, se non di ignorare problemi destinati ad aggravarsi in maniera non sostenibile, in caso di adozione della sciagurata Variante al Piano Regolatore. Si citano, ad esempio, problemi idrogeologici e fognature: in caso di pioggia, si sono già verificati nella zona danni a scantinati e ai piani terra, a causa di inesistenti o insufficienti canali di raccolta delle acque provenienti dai campi in naturale pendenza; anche la rete fognaria risulta ugualmente e deficitaria.

Si dice che sarebbero disponibili ampie risorse: quelle risorse che non si trovano mai neanche per le emergenze! In proposito, il Comitato osserva che avrebbe poco senso impiegarle per costruire una nuova chiesa in una zona già oggi dotata di numerose chiese e di voluminosi complessi religiosi, monastici e parrocchiali, tutti con ampie
disponibilità di spazi strutturati, adatti ad accogliere i fedeli per le funzioni religiose e le iniziative per i giovani, gli anziani e i parrocchiani. Appare infatti incomprensibile che si tengano chiusi o che si lascino cadere immobili della Chiesa per cementificare altro suolo e offendere il paesaggio.

Le strutture esistenti, prosegue il Comitato, costituiscono infatti pregevoli testimonianze artistiche, spesso inaccessibili alla cittadinanza, in stato di sottoutilizzo, sia per scarsa cura del loro stato di conservazione sia a causa della ben nota “crisi vocazionale”; si ricordano in proposito il convento dei Padri Cappuccini di Santo
Stefano (e attiguo convento, ormai quasi del tutto in disuso fatta salva la presenza di tre
frati); il convento delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore (e attiguo convento) che si trova in analoga situazione; le chiese urbane di S. Lorenzo, di S. Agnese perennemente chiuse come scrigni inaccessibili o a rischio di diventarlo a breve come San Domenico (anch’esso bisognoso di interventi e relative risorse).

Altre chiese esistenti nel territorio parrocchiale, che risultano solo eccezionalmente un po’ affollate durante qualche cerimonia liturgica, richiederebbero piuttosto restauri e manutenzioni. Il Comitato sottolinea che non si intende assolutamente intraprendere battaglie contro la Chiesa né tantomeno ostacolare il lavoro e l’occupazione, ma semplicemente indicare un razionale utilizzo delle risorse disponibili (che si presume scaturite anche dall’8 per mille e/o dal 5 per mille di questi tempi).

Si chiede quindi una riflessione per scongiurare errori che provocherebbero gravi sconvolgimenti in un’area a Tutela Strategica di Piano Strutturale, per la quale sono stati previsti, non a caso, il vincolo paesaggistico e, per sagge ragioni igienico/sanitarie, il vincolo cimiteriale con relativa previsione di inedificabilità. Al riguardo, non ci
sembra accettabile che il vincolo per il Cimitero Monumentale venga ristretto dagli attuali 200 metri a soli 50 metri, alla stregua di qualche cimitero di campagna. A quanto sopra detto, il Comitato aggiunge l’assenza di qualsiasi livello di democrazia, fondata sull’informazione preventiva e sulla compartecipazione di tutti i soggetti coinvolti, in progetti che li dovrebbero invece vedere attori in qualità di futuri fruitori di un bene comune.

Ad oltre un mese dall’invio di un primo esposto, cui ha fatto seguito un secondo documento integrato con contributo tecnico (per Soprintendenza, autorità politiche e istituzionali), il silenzio assordante di Istituzioni, forze politiche e clero appare incomprensibile e insensato.