Arezzo, 24 maggio 2014 - FU «ANTISINDACALE». Il ritardo nella comunicazione ai vigili precettati per lo sciopero della Tirreno-Adriatico, il 14 marzo scorso, costa caro alla comandante della polizia municipale Valeria Meloncelli. Il giudice del lavoro ha infatti dato ragione ai sindacati che nel loro ricorso invocavano la violazione dello Statuto dei lavoratori da parte della numero uno dei vigili. Il Comune, citato in giudizio, si farà carico delle spese processuali, poco più di duemila euro.

Depositata la sentenza del giudice della sezione lavoro Simone Salcerini dopo l’udienza del 6 maggio scorso. In aula si sono rievocati i fatti di marzo con ricorsi e controdeduzioni. Il 14 di quel mese si è consumato l’ultimo atto di un serrato braccio di ferro in atto tra le rappresentanze sindacali e i vertici di Palazzo Cavallo. L’astensione dal lavoro per le questioni contrattuali fu fissata proprio nel giorno dell’arrivo al Duomo della classica del ciclismo italiano.

Non bastarono le trattative a oltranza e le proposte di mediazione: sciopero confermato e vigili fuori servizio. Successe che al passaggio delle biciclette nel circuito cittadino il traffico andò in tilt. Con soltanto 8 agenti al lavoro (il minimo garantito) e la gestione della circolazione in gran parte affidata ai volontari si crearono lunghe code e polemiche.

Una scelta clamorosa, la terza dopo quella di incrociare le braccia al Giro di Toscana 2012 e al Saracino in notturna dello stesso anno. Stavolta però i sindacati Csa (difeso da Roberto Alboni), Cgil (legale Mauro Peruccioli), Uil e Rsu del Comune hanno trovato un nervo scoperto nell’iter e hanno vinto una piccola ma significativa battaglia legale. Il loro ricorso al giudice del lavoro si incentrava sui tempi della comunicazione agli otto operatori della municipale che avrebbero dovuto garantire i servizi minimi. Il numero previsto dalla normativa per una città delle dimensioni di Arezzo.

Il sindacato denuncia che l’ordine di servizio era stato affisso in bacheca solo il pomeriggio del 12 marzo: appena due giorni prima dell’arrivo dei ciclisti. Ma la legge, per garantire la libertà sindacale, prevede che i nomi vadano comunicati almeno cinque giorni prima per mettere in condizione i lavoratori di scegliere se lavorare o se fare sciopero, facendosi sostituire. La comunicazione nella bacheca dei vigili fu posizionata il 12 marzo anche se con la data anticipata al 7.

E la data del 12 è quella contenuta nella comunicazione inviata per email alle rappresentanze sindacali quel giorno. Il Comune si è difeso con gli avvocati Roberta Ricciarini, Lucia Rulli e Ilaria Occhini: l’invio della comunicazione è avvenuta solo il 12 perché solo quel giorno è stato ufficializzato lo sciopero e se il ritardo c’è stato è stato un errore non voluto, in buona fede, della comandante.

IL GIUDICE Salcerini nelle motivazioni ha spiegato che il ritardo è già di per sé un fatto che pregiudica l’attività sindacale. Lo spiega con l’articolo 28 dello Statuto datato 1970 che non considera «la buona fede e l’intento» del datore di lavoro. Aver affisso la comunicazione un giorno e poche ore prima dell’inizio dello sciopero è già di per sé una limitazione al diritto allo sciopero. Il Comune, così facendo, non ha messo i precettati nella condizione di poter aderire allo sciopero.

E questo, scrive Salcerini nelle motivazioni, è «un vulnus all’esercizio dell’attività sindacale e del diritto di sciopero, a prescindere dal reale intento del dirigente». Il decreto del giudice del lavoro «dichiara antisindacale» il comportamento di Valeria Meloncelli e per questo le «ordina di non pregiudicare il diritto dei sindacati al rispetto del termine» di cinque giorni e ordina la pubblicazione del provvedimento sui quotidiani e condanna il Comune a pagare le spese processuali da 2100 euro. Il Comune e la comandante Meloncelli hanno 15 giorni per presentare appello.
Twitter @fededascoli