Arezzo, 16 maggio 2014 - Sei a un passo dal traguardo e, senza preavviso, la linea del finale viene spostata un po’ più in là. Non solo, a pochi passi dalla meta ti viene messo un carico da novanta sulla schiena. E’ così che deve essersi sentito Piero Giovacchini, 55 anni, operaio al calzaturificio Fabianelli  di Albergo.

Non solo avrebbe dovuto essere in pensione da gennaio e invece la riforma voluta dal ministro Elsa Fornero ha spostato di tre anni i termini, ma lui e gli altri operai del calzaturificio, quindici in tutto, sono in cassa integrazione da circa un anno. E’ la cassa in deroga, per la quale non ci sono più finanziamenti. Morale: da ottobre Giovacchini non riscuote più un euro.


«Voglio subito dire che non ho niente da imputare ai titolari della ditta dove lavoro, hanno fatto e fanno quello che possono, cercando di venirci incontro in tutti i modi. La mia domanda è un’altra, perché ci viene proposta la cassa integrazione in deroga se poi non c’è modo di pagarla? Se avessero parlato chiaro al momento della sottoscrizione degli accordi, nessuno avrebbe accettato un ammortizzatore sociale se non c’erano i soldi per finanziarlo. Invece, anche ai nostri titolari, hanno detto che la cassa integrazione sarebbe stata rifinanziata. Poi non si è visto più nulla».


Non sa darsi pace, Piero Giovacchini, mentre pensa al fatto che lavora da 40 anni ma ancora non basta, che essendo impiegato nel settore artigiano la cassa integrazione che gli spetta è quella più bassa, poche centinaia di euro al mese, e neanche gli viene erogata: «Fortunatamente mia moglie lavora part time ma ho un figlio di trent’anni che non riesce a trovare lavoro e un altro di 21 all’università. A loro cosa racconto?».


Frustrazione e rabbia nelle parole di Piero che diventa un fiume in piena: «Perché un dipendente pubblico in mobilità riscuote per intero e io non posso avere neanche quel poco che mi era stato promesso? I miei colleghi sono nella stessa situazione. Avevo un gruzzoletto da parte e per forza di cose ho dovuto intaccarlo. Lo sto per finire, poi cosa succederà? Non dico di volere i soldi per andare in vacanza o cambiare la macchina ma almeno quelli per campare decentemente sì. Sia io sia i miei colleghi abbiamo mutui, finanziamenti, ogni mese arrivano le rate da pagare, cosa facciamo?».


Quel "cosa devo fare" diventa quasi una preghiera mentre, sconsolato, alla domanda su come vede il futuro risponde: «Ho 55 anni cosa posso volere? Ho sempre lavorato come operaio ma i calzaturifici stanno chiudendo uno dopo l’altro e non possiamo andare tutti in Valdarno da Prada. Stavo per andare in pensione e invece mi ritrovo a dover lavorare ancora e se continua così sarà soltanto un’agonia. Quello che voglio sono i soldi della mia cassa integrazione e la possibilità di finire la mia carriera lavorativa in tranquillità e godermi un po’ di riposo. Non mi sembra di chiedere la luna».

Su LA NAZIONE di oggi