Arezzo, 10 ottobre 2013 - Il carcere è riuscito ad evitarlo; la condanna no; sia pure lieve: 4 mesi e mezzo di carcere; convertiti in 7 mila euro di pena pecuniaria. E' notizia del 19 maggio 2004. Raffaello Gelli; figlio del «Venerabile» di Villa Wanda; entra così nella lunga e tormentata storia giudiziaria di famiglia come il primo condannato in via definitiva per la fuga con la quale l’ex capo della P2 si sottrasse nel maggio 1998 alla sentenza definitiva del tribunale di Milano per il crack del Banco Ambrosiano di Calvi.

Con lui ha dovuto incassare 4 mesi e mezzo anche la moglie Marta Sanarelli.
E’ slittato invece il giudizio di secondo grado per gli altri familiari: il secondo figlio Maurizio; la moglie Serena Paci e Gabriella Vasile; la donna che divide con Gelli la vecchiaia dorata sulla collina di S. Maria. Saranno processati il 7 luglio. Sembrava quasi il luogo di un raduno di famiglia l’aula della corte d’appello di Firenze; con i Gelli accusati di un reato; la procurata inosservanza di pena; per il quale erano stati già condannati in primo grado dal tribunale di Arezzo. Una riunione di famiglia come quella; nel ristorante «Acquamatta» di Capolona; al termine della quale il «venerabile» più famoso d’Italia salutò i suoi cari e prese la via della Francia. La fuga restò segreta per alcuni giorni finchè proprio «La Nazione» non la rivelò.

Gelli rimase latitante per tutta l’estate; dividendosi fra Montecarlo e la Costa Azzurra. Alla fine; lo arrestò a Nizza la polizia francese; mentre era in auto proprio con Raffaello. Intanto; nel corso di una clamorosa perquisizione in un appartamento di via XXV Aprile; nella disponibilità di Maurizio; la Digos aveva ritrovato un tesoro di 630 milioni destinati alla fuga. E poi; altro particolare decisivo; al momento della cattura i poliziotti francesi trovarono nelle tasche di Gelli una carta con la quale destinava; sempre a Maurizio; una somma miliardaria (in lire) per i bisogni della sua «forzata assenza». Tutti elementi sui quali il Pm Roberto Rossi basò in primo grado l’arringa con la quale chiedeva la condanna dei familiari; comprese le due nuore: Marta Sanarelli; notata in Costa Azzurra nel periodo della latitanza; e Serena Paci; che aveva richiesto la carta di identità falsificata col nome Mario Bruschi; adoperato da Gelli durante la fuga.

Il giudice monocratico Luciana Cicerchia accolse solo in parte la requisitoria d’accusa: quattro mesi a Maurizio; sei mesi agli altri. Pene modeste. Eppure quei sei mesi potevano diventare una tagliola per Raffaello: lui la condizionale l’aveva già spesa; rischiava di andare davvero in galera. Ecco perchè i suoi avvocati; Giuseppe Fanfani e Mauro Messeri hanno patteggiato col procuratore generale una pena che gli consente almeno di evitare il carcere. Il fratello; la nuora e la convivente affronteranno invece il dibattimento.