Solo dei meschini possono ridurre la visita del Papa a un flop, solo dei superficiali possono parlare di un evento mediatico dalla portata così modesta che non meritava le spese, solo dei provinciali possono immiserirsi in una polemica così insensata. E non c'è peggiore provinciale di chi vuole dimostrare a se stesso, prima che agli altri, di non essere un provinciale. Una polemica, perdipiù, condotta fuori tempo, quando l'evento era ancora in corso ed era difficile valutarne le dimensioni, sia in termini di eco nazionale che di numeri.

C'erano decine di inviati dei giornali che scarpinavano per il Prato, alla Verna, a Sansepolcro. C'erano decine di inviati a Rondine per la visita (la prima ad Arezzo, così come è la prima quella di questo Pontefice, non solo in provincia ma in tutta la Toscana). Qualcuno, intanto, seduto a una scrivania, dietro un computer, pontificava avendo davanti una visione molto parziale di quanto stava succedendo. Conoscere per deliberare, diceva una volta un certo Luigi Einaudi. Ai tempi di Internet, ai tempi in cui uno sciamano mediatico ha accesso al web in presa diretta, non serve più evidentemente. Così come non servono più le regole dei vecchi cronisti che consumavano le scarpe per raccontare fatti, mentre adesso si definisce cronista chi le sue cronache le costruisce dal chiuso di casa sua, al massimo dopo un'incursione superficiale sui luoghi.

E' stata davvero un flop  la visita di Benedetto XVI? Ci penseremmo cento volte prima di avere simili certezze. Al Prato c'erano comunque migliaia e migliaia di persone. Quindicimila secondo le stime più prudenti, dai venti ai trentamila secondo quelle più accreditate. Le strade non erano gremite di folla come qualcuno aveva pronosticato? Vero, anche a occhio nudo. Ma non dimentichiamo mai che erano le nove di mattina di una domenica grigia, infreddolita e gonfia di pioggia. Difficile fare confronti col viaggio di Giovanni Paolo II, che venne in una splendida giornata di maggio, baciata dal sole e dal caldo che invogliano a uscire, a riversarsi in strada.

Si vuole dire che Papa Ratzinger non è il trascinatore di folle che era Karol Wojtyla? E ci voleva di aspettare la visita ad Arezzo per scoprirlo? Non è questione di qualità dei due pontefici, e lo diciamo da laici convinti, ma di diverso modo di interpretare il ruolo. Estroverso, capace di bucare lo schermo, mediatico al cento per cento, fisicamente atletico (finchè gli ha retto la salute) Giovanni Paolo II; timido, esile, fine intellettuale ma schivo Benedetto XVI. La folla certe cose le sente e il carisma magari non diventa entusiasmo delle masse. Ma l'entusiasmo non è sinonimo di rispetto e nemmeno di affetto.

Si dice che quello pronunciato da Papa Ratzinger sia stato un intervento di ruotine, senza guizzi. Giudizio, a nostro avviso, frutto di menti rozze, incapaci di leggere dietro le parole di un intellettuale raffinato come il pontefice tedesco. In realtà, sempre a nostro avviso, quelli che Benedetto XVi ha pronunciato ad Arezzo (nell'omelia, nel Regina Coeli e nell'affaccio pomeridiano dal Vescovado, sono stati tre dei più fini omaggi che un Papa abbia mai dedicato a questa città. Arezzo terra dell'Umanesimo, Arezzo terra del Rinascimento: si sente dietro tutto l'amore per l'Italia, in particolare per l'Italia di mezzo, di un intellettuale tedesco formatosi nella grande cultura classicistica e romantica della migliore Germania. Certo, bisogna avere orecchie per intendere e qualcuno evidentemente non le ha.

L'evento mediatico. Qui, ahinoi, il flop non l'ha fatto il Papa ma qualcun altro, che nel suo provincialismo ha creduto di vedere nel trafiletto in cronaca regionale di un quotidiano nazionale (non lo citiamo perchè non merita di essere trascinato in certe polemiche) la giusta misura dell'eco nazionale. In realtà, quel giornale ha fatto una scelta rispettabile ma come tutte opinabili. Basti vedere lo spazio che alla visita hanno dedicato gli altri quotidiani toscani (uno addirittura esce stamani in edizione straordinaria) e in particolare La Nazione, che fino a prova contraria, resta il primo quotidiano di questa regione e di quelle confinanti.

Ma sarebbe ancora il meno. Perchè a voler uscire troppo presto si rischia appunto l'anacronismo, la smentita dei fatti. Ecco allora che lo stesso quotidiano (non il più venduto d'Italia ma il secondo) del famoso trafiletto dedica dal pomeriggio alle parole del Papa la seconda notizia del suo sito on-line. La stessa scelta (sempre on-line, l'unico campo in cui ci si misura col tempo reale, stamani arriveranno poi le edizioni cartacee) dell'altro quotidiano più diffuso e la stessa di Quotidiano Net, l'edizione web della Nazione-Carlino-Giorno, che insieme valgono il terzo giornale italiano. In totale fanno almeno quindici milioni (tre milioni e mezzo solo i nostri) di contatti giornalieri. Alla faccia del flop mediatico.

Senza dimenticare che tutte le edizioni on-line dei suddetto quotidiani associano alle parole del Papa quelle pronunciate dal presidente del consiglio (che guarda a caso era qui per ricevere Benedetto XVI) a Rondine, altra realtà meritoria e troppo spesso sottovalutata nel suo ruolo. Per una domenica, insomma, Arezzo è stata al centro del dibattito politico e religioso italiano. Un flop mediatico, indubbiamente.

Una piccola meschineria, infine. L'accoglienza fredda degli aretini sarebbe stata dovuta all'eccesso di blindatura della città. Ora nel sistema di sicurezza non tutto ha funzionato alla perfezione, i disguidi (piccole cose) non sono mancati, come è inevitabile di fronte a un evento di queste dimensioni. Ma dire che i poliziotti, i carabinieri e così via per strada abbiano pesato sull'afflusso della folla è fare polemica per il gusto di sfasciare. Quando mai in situazioni del genere non si mettono transenne, non si rimuovono i cassonetti, , non si piombano i tombini? O forse qualcuno avrebbe preferito la festa dei black  bloc come a Roma lo scorso autunno? Allora si contestò che i cassonetti non fossero stati rimossi. Mettiamoci d'accordo, per favore.

La realtà è che a volte si cerca la polemica per la polemica, come quella sulle spese eccessive. A parte il fatto che il Papa, come Obama o David Cameron, non è mai un costo ma sempre un'occasione, quelle spese hanno reso a usura in ritorno mediatico. Citiamo ad esempio i giornali di cui sopra. La verità è che qualcuno cerca lo scontro solo per mero interesse a farsi un nome, a trasformarsi in un paladino di cartapesta. Abbassiamogli il volume, basta non ascoltarlo.

Salvatore Mannino