Arezzo, 10 febbraio 2012 - Nel 2004 si decise che non avremmo più dovuto dimenticare. La legge del 30 marzo, n. 92 sancì come un impegno civile la memoria dell'immane tragedia che colpì il nostro popolo dal 1943 al 1947. 350mila italiani subirono rastrellamenti, deportazioni, torture ed esodi di massa dai territori di Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, 20mila rimasero vittime dell'odio etnico, abbandonati nelle foibe, profonde fratture carsiche dove un numero ancora imprecisato di italiani e di oppositori ai comunisti yugoslavi ha trovato la morte dopo un volo di centinaia di metri.

Il 10 febbraio 1947, nel giorno dei trattati di pace di Parigi, l'Italia, uscita sconfitta dal secondo conflitto mondiale, dovette cedere alla Yugoslavia la città di Fiume, Zara, parte dell'Istria, del Carso, dell'alta valle dell'Isonzo e le isole Pelagosa e Lagosta. Da quel momento tutti i cittadini, residenti in quelle terre, ormai non più italiani, visti come ooppositori al regime comunista di Tito, furono costretti a lasciare le loro case. Chi non le abbandonò trovò la morte, inghiottito dalle foibe, dove venivano gettati spesso ancora in vita.

Stamani alle 10.30, ad Arezzo si terrà una cerimonia in ricordo delle vittime e della cacciata di istriani e dalmati, in Largo Martiri delle Foibe che annualmente onora il Giorno del Ricordo. La deposizione di una corona di
alloro da parte del Comune nel luogo deputato oramai da anni alle celebrazioni (l'angolo tra via Petrarca e via Leone Leoni) rende omaggio alle vittime di quel drammatico periodo, soprattutto il 1945, quando dai territori gia' italiani sopra citati, divisi oggi tra Slovenia e Croazia, migliaia di profughi tentarono di sfuggire agli Yugoslavi trovando, in molti, la morte.