Arezzo, 3 febbraio 2012 - La Corte Internazionale dell'Aja dà torto all'Italia nella sentenza che origina dalla strage di Civitella e dalla deportazione del tallese Enzo Ferrini. I nostri giudici, dice la corte, hanno violato il diritto all'immunità della Repubblica Federale in quanto stato sovrano. Così come hanno violato il principio dell'immunità disponendo il pignoramento di villa Vingoni a Como, in applicazione della sentenza di un tribunale greco sul massacro di Distomo.

La Germania non dovrà dunque pagare i risarcimenti alle singole vittime delle stragi che erano state disposte dal tribunali che l'avevano condannata quale responsabile civile. Vale per Civitella, processo che è già approdato alla sentenza definitiva, ma vale anche per Vallucciole, che invece è ancora ferma al verdetto di primo grado. Il presidente della Corte, il giapponese Hisashi Owada, ha tuttavia auspicato che si arrivi al risarcimento delle vittime o dei loro eredi tramite un negoziato diretto tra Italia e Germania.

Non vale, secondo i giudici della Corte dell'Aja, il principio affermato dalla cassazione nel 2004, secondo il quale non esisteva immunità di uno stato sovrano dal giudizio di un altro stato sovrano nel caso di crimini contro l'umanità. Il verdetto dell'Aja è stato raggiunto a maggioranza, si è espresso contro il rappresentante italiano nella corte, Giorgio Gaja.

La sentenza di oggi trae origine dal ricorso che la Repubblica Federale Tedesca aveva presentato il 23 dicembre 2008 in seguito alla sentenza del 21 ottobre dello stesso anno che confermava il verdetto dell'ottobre 2006, pronunciato dai tre giudici del tribunale militare della Spezia (fra loro c'era Piergiorgio Ponticelli, attualmente giudice del tribunale di Arezzo) su Civitella. In esso non solo si condannava all'ergastolo Max Josef Milde ma anche, per la prima volta nella storia giudiziaria italiana, si condannava la Germania quale responsabile civile della strage. Lo stato tedesco avrebbe dovuto risarcire tre delle vittime che si erano costituite parte civile contro di esso.

Nel massacro del 29 giugno 1944, lo ricordiamo, morirono 203 persone: nel centro storico di Civitella, in alcune frazioni e nel vicino paese di San Pancrazio, già nel comune di Bucine. Fra le vittime anche il parroco di Civitella Don Alcide Lazzeri, che invano si era offerto di pagare per tutti con la fucilazione. Invece gli uomini furono divisi dalle donne, ammucchiati sul lato della piazza principale e poi falciati da una mitragliatrice alla quale sfuggirono in pochi. Tra loro un ragazzo che poi sarebbe diventato prete, Don Daniele Tiezzi. Tra i superstiti anche un futuro vescovo, Monsignor Luciano Giovannetti, che ha retto a lungo la diocesi di Fiesole. Altri furono uccisi dentro le loro abitazioni in cui fecero irruzioni i soldati della divisione Hermann Goering, responsabile della strage.

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Era il giorno dell'ultima sentenza

sulla strage di Civitella, quella della corte di giustizia internazionale dell'Aja. E' anche il giorno di un'altra decisione su un caso che si trascina da almeno quindici anni, il tallese Enzo Ferrini, deportato nel 1944, che chiede un risarcimento alla Germania per le sofferenze subite. Il diritto al risarcimento che hanno già ottenuto alcune delle parti civili di Civitella, in base al verdetto del tribunale militare della Spezia, poi confermata in appello e in cassazione. Ma la Repubblica Federale non ci stava: siamo uno stato sovrano, godiamo dell'immunità e non possiamo essere giudicati o condannati dai giudici di un altro stato.

Le posizioni erano chiare, stamani è toccato alla corte dell'Aja dire chi avesse ragione: il governo Merkel, che questo giudizio (la sentenza verrà pronunciata alle 10 in diretta streaming) lo ha fortemente voluto o i magistrati italiani che si basano su una sentenza della cassazione civile a sezioni unite del marzo 2004: non esiste immunità degli stati per i crimini contro l'umanità come quelli commessi dall'esercito di Hitler nel corso della guerra in Italia.

Una pronuncia clamorosa, innescata proprio dal caso Ferrini. Il tallese, difeso da sempre da un coraggioso avvocato tedesco, Joachim Lau, aveva perso tutte le cause intentate al tribunale di Arezzo nel corso degli anni. I giudici avevano sempre ritenuto infatti che la Repubblica Federale non potesse essere chiamata in giudizio in Italia. Proprio in base al principio dell'immunità degli stati sovrani poi rimesso in discussione dalla cassazione.

Fu sulla base di quello spiraglio che l'avvocato Roberto Alboni, nipote di una delle vittime di Civitella, e il collega Giacomo Pietrelli, chiesero alla Spezia la citazione in giudizio della Germania quale responsabile civile della strage del 29 giugno 1944. In parole povere chiesero che la Repubblica Federale venisse chiamata a risarcire le vittime in caso di condanna degli imputati, tedeschi, che poi si ridussero a uno, l'ex sottufficiale Max Josef Milde, cui fu inflitto l'ergastolo al termine dei processi.

In effetti, i giudici della Spezia condannarono la Germania a pagare, ma lo stato tedesco ha sempre contestato quella sentenza, poi replicata in tanti altri processi sulle grandi stragi, ultima quella di Vallucciole, per la quale in luglio il tribunale militare di Verona ha inflitto una raffica di ergastoli. Si giunse a sfiorare l'incidente diplomatico fra Italia e Germania, finchè i due governi non decisero di demandare la questione alla corte dell'Aja.

Il ministro degli esteri Giulio Terzi di Sant'Agata auspica adesso che si apra un negoziato fra Italia e Germania sui risarcimenti alle vittime delle stragi, come del resto hanno invitato a fare anche i giudici dell'Aja. Il che non toglie che la pronuncia abbia destato forte amarezza tra i familiari e nell'intera comunità di Civitella. Per l'avvocato Roberto Alboni, che della condanna della Germania fu il primo innesco con la sua richiesta di citazione a giudizio del giugno 2007, commenta: "Ha vinto la realpolitik".