Arezzo, 22 gennaio 2012 - Sono seimila professionisti per i quali la parola liberalizzazione non è soltanto un titolo ricorrente sui giornali, specie adesso che il governo Monti li ha effettivamente varati i provvedimenti che dovrebbero togliere un po’ di gesso da un’economia bloccata. Avvocati e notai, ingegneri e architetti, medici e commercialisti, tutti quelli insomma per i quali, anche ad Arezzo, è sparito l’obbligo della tariffa minima e massima e che adesso possono vendere le loro prestazioni alle leggi di mercato, buone o cattive che siano. Senza che arrivi più un ordine professionale a perseguire chi ha emesso una notula o una parcella troppo leggera oppure troppo pesante.

Teoricamente, nel mondo delle professioni aretine la categoria più numerosa è un po’ sorprendentemente quella degli ingegneri, oltre 1600 iscritti all’ordine. Attenzione, però, perchè in realtà relativamente pochi di quei laureati e abilitati con esame di stato svolgono davvero la libera professione. La maggior parte ha un lavoro dipendente o assimilato nel quale servono a volte prestazioni per cui è necessaria l’iscrizione all’ordine. Quelli che sono titolari, soci o dipendenti da uno studio professionale di progettazione non superano il centinaio.

Molti ma molti meno, dunque, degli avvocati che ormai sono nei pressi di quota mille, fra iscritti veri e propri all’ordine presieduto da Piero Melani Graverini e praticanti ancora in attesa dell’esame di stato. Dire che il numero sia abnorme sarebbe un giudizio di valore, di sicuro è eclatante. Basti dire che a Parigi, che è Parigi, esercitano la professione legale in quindicimila, e la Ville Lumiere è una metropoli grande dalle 30 alle 50 volte Arezzo. Come a dire che il rapporto avvocato /popolazione da queste parti è molto ma molto più stringente.

Bene, che effetto farà la liberalizzazione in questa massa di avvocati e affini? E’ facile prevedere che per un terzo almeno della professione cambierà poco e niente, soprattutto per l’elite che ormai il nome se lo è fatto. Ci si rivolge a loro non tanto sulla base della parcella che chiedono quanto su quella delle garanzie professionali che offrono. Come a dire: non mi interessa quanto spendo, mi importa soprattutto di avere una consulenza e un’assistenza di qualità. Nella parte bassa della professione, invece, quella di chi sgomita per trovare un posto al sole, le conseguenze, anche economiche, potrebbero essere significative. Fino ai 400 euro di risparmio previsti dall’Adusbef, associazione dei consumatori.
Sarà una battaglia all’ultimo cliente combattuta a suon di tariffe, ma già ora, nonostante le bardature, la concorrenza era forte. Qualcuno porta esempi al limite del paradosso: 20 euro per una separazione legale consensuale, ossia giusto il prezzo della marca da bollo.

La differenza con la tariffa minima, da qualche centinaio di euro, era abissale, ma l’ordine stentava a mettere ordine, anche perchè si trattava di notule concordate in via riservata, difficili da sanzionare. Adesso, non esistono più i minimi, ognuno fa la tariffa che reputa più conveniente alle proprie esigenze. Per i giovani avvocati, che erano e restano il ventre molle della professione, si tratterà di raggiungere un difficile equilibrio fra prezzi probabilmente più bassi e clienti (si spera) in aumento. I principi del foro, invece, continueranno come prima: loro hanno solo il problema di mandarli via i clienti.

Stesso discorso per i commercialisti, che sono più o meno 750. Fino a qualche tempo fa, spiega una fonte dell’ordine, non c’erano problemi di sottoccupazione: quasi tutti gli iscritti trovavano tutti lavoro sufficiente. Negli ultimi due anni qualche difficoltà a mantenere i livelli economici delle prestazioni si era manifestata. L’abolizione delle tariffe minime contribuirà a mantenere forte la concorrenza, con prezzi in ribasso per i commercialisti di minor nome. Ragionamento che vale anche per gli architetti, circa 800, ma quelli che svolgono davvero la libera professione sono molto meno, con gli altri distribuiti fra enti, insegnamento e qualche consulenza saltuaria. Quanto ai medici, gli iscritti all’ordine sono quasi 1700. Ci sarà una riduzione dei prezzi nell’elite che si dedica all’ambulatorio, extra o intra moenia? Chi vivrà vedrà, ma quando c’è di mezzo la salute gli aretini non vanno tanto per il sottile e pagano.
 
Poi un effetto concorrenza sugli onorari è più che possibile. Sarà battaglia dei prezzi, piuttosto, fra gli odontoiatri, che sono più di 200. Si combatterà all’interno di una categoria in cui le differenze di tariffa sono notevoli, anche dopo l’arrivo delle catene low cost (vedi Vitaldent in via Vittorio Veneto), ma si combatterà anche fra i dentisti veri e gli abusivi, i famosi odontotecnici senza laurea che attirano le fasce con meno voglia di spendere. Ad Arezzo l’ordine, guidato dal dottor Giovacchino Raspini, è particolarmente attivo e già molti praticoni ci hanno lasciato le penne.

Infine i notai, che sono l’elite dell’elite. Appena una ventina in tutta la provincia. Il governo Monti ne ha autorizzati altri 500 in tutta Italia, il che significa che qui saranno uno, al massimo due in più. Difficile prevedere rivoluzioni dei prezzi. Non per niente, la categoria dei notai è quella che denuncia in Italia i redditi più alti: 340 mila euro di media. Beati loro.