Arezzo, 12 gennaio 2012 - Essere donna, un bel problema. Senza tirare fuori assunti vetero femministi, non si può non constatare che nel mondo del lavoro quello femminile è ancora il sesso debole. Lo ha confermato un report pubblicato di recente nel quale si metteva in evidenza che l’Italia, quanto a occupazione femminile, è messa peggio della Grecia. Non deve essere stata una sorpresa per S., ragazza vicino ai trenta, leggere i dati relativi all’occupazione nel nostro Paese, dal momento che si è vista respingere la candidatura per un impiego nel campo del marketing «in quanto donna».

«Era il mio primo colloquio post universitario — racconta — e ho cercato impiego in una società di comunicazione e marketing. Il primo incontro con la responsabile è stato molto cordiale, mi è sembrato andasse bene, si era parlato di un contratto a progetto e le condizioni mi erano congeniali».  La ragazza colpisce in positivo la direttrice, tanto che a breve segue un altro colloquio. Questa volta però i toni sono diversi: «Nel nostro secondo incontro si inizia a parlare di cose diverse. Intanto il contratto diventa uno stage, poi cominciano le domande strane: tipo se fossi fidanzata o impegnata e se avessi intenzione di avere bambini».

Come purtroppo accade, i responsabili della società stavano calcolando la convenienza di assumere una donna in età fertile e lo facevano in modo esplicito, tanto che alla fine del secondo colloquio la direttrice non ha nascosto a S. che c’erano altri candidati: «La cosa di cui non mi capacito è che era una donna a dirmi quelle parole. Mi è stato spiegato che gli altri candidati erano uomini e ha chiaramente affermato che avrebbe preferito assumere una persona di sesso maschile, perché la maternità per l’azienda è un costo».

La reazione di S., quella più immediata, è tra lo sdegno e lo stupore: «Alla fine non mi è rimasto altro che scusarmi. Le ho chiesto, ovviamente in maniera sarcastica, di perdonarmi per avere un utero. La cosa paradossale di questa faccenda è che lei aveva sulla scrivania la foto di una bimba piccola, ho dedotto che fosse la figlia. Come può una madre dire a un’altra donna che una futura gravidanza potrebbe essere un problema? In effetti, dopo questo secondo colloquio mi sono guardata intorno e ho notato che, a parte la sua assistente, i collaboratori erano tutti uomini»”.
Ora S., che al giornale si è dichiarata con nome e cognome specificando anche in quale aziende avesse ricevuto un trattamento simile, ha trovato un altro impiego in un posto in cui una maternità, tra l’altro solo eventuale, non è per fortuna considerata un problema. Tuttavia, della sua vicenda quello che colpisce è l’assoluta naturalezza con la quale la stessa direttrice ha esplicitato le sue riserve, fino a porre il diktat per l’assunzione.

La maternità, una volta si trattava di un momento magico, bello, durante il quale una nuova vita si sviluppa nel grembo protettivo di una donna. Adesso è solo un costo per l’azienda, per quell’azienda. Ma il caso non è purtroppo per niente isolato.