Arezzo, 23 settembre 2011 - Steve Jobs, il fondatore della Apple, l’università non l’ha fatta, com’è noto; ma filosofia l’ha studiata, eccome. Filosofia indiana, ma anche filosofia occidentale, tant’è vero che , in una celebre intervista del 2001 ha detto di voler rinunciare a tutta la sua tecnologia pur di passare “un pomeriggio con Socrate”.
Si dirà, cosa c’entra questo con i computer? Le sue credenze religiose e filosofiche sono faccende private di Jobs; e invece no, hanno riguardato, ormai è storia, il modello di produzione a cui la Apple si è sempre ispirata, che è stato quello di “sviluppare prodotti in modo olistico”. E l’olismo è un tipico concetto filosofico, che applicato all’industria significa progettare e produrre oggetti in modo integrato. E i risultati si sono visti con invenzioni rivoluzionarie come l’iPhone o l’iPad.

Chi invece filosofo proprio non lo è, tra i protagonisti della rivoluzione informatica, è Bill Gates, il fondatore di Microsoft. Lui sogna un mondo con più ingegneri e meno filosofi, come ha detto a Fabio Fazio in una puntata del 2004 della trasmissione televisiva “Che tempo che fa”. Alla domanda se il mondo aveva “più bisogno di filosofi o di ingegneri”, ha infatti risposto che con la filosofia non si curava l’AIDS, e per questo lui preferiva la scienza. Nella spietata competizione dei colossi informatici e telematici che si svolge sotto i nostri occhi Microsoft è in affanno, mentre Apple viaggia a vele spiegate. Che sia merito anche della filosofia? Geni come Jobs ne nascono uno ogni cent’anni, e loro non hanno bisogno di andare all’università; per tutti gli altri comuni mortali la filosofia è meglio studiarla all’università, insieme all’economia ovviamente, alle lingue, ma anche alla letteratura, alla storia, all’arte, alle scienze umane. Tutto quello che si insegna, appunto, nella Facoltà di Lettere e Filosofia di Arezzo.