Arezzo, 20 luglio 2011 - Il mare verticale, come l’antico titolo del libro di un grande scrittore che fu anche collaboratore di questo giornale, Giorgio Saviane. Verticale nel senso che arrivarci è come un’arrampicata di sesto grado, perchè gli aretini il gap infrastrutturale di cui spesso leggono sulla stampa lo provano sulla pelle persino quando vanno in ferie.
Vogliamo provare a vedere un po’ di situazioni? L’Autosole è quella che è, provateci voi ad arrivare in Versilia o sulla costa livornese passando dal tratto Firenze-Arezzo perennemente intasato per mancanza di terza corsia. Qualcuno che non conoscesse la situazione delle nostre infrastrutture potrebbe dire: vabbè, andremoIl processo.

Il processo da qualche altra parte. Già, viene da rispondere ma dove? Perchè la Maremma è lontana quasi quanto lo era per i nostri avi che ci concludevano la transumanza. Ora non ci sono più le pecore o le mandrie di buoi, ma non è che con le auto le cose siano molto migliorate. E non vogliamo nemmeno parlare del tratto fra Siena e Grosseto della Due Mari, dove, bene o male, si sta lavorando, quanto proprio del tronco aretino dell’Eterna Incompiuta che è più immobile di una colonna. Il viaggio comincia subito male, a Lucignano, quando si affrontano ancora le curve dei tempi del Granduca.
Dell’Adriatico è meglio non parlarne nemmeno. E’ persino dubbio che il pezzo esistente di Due Mari in Valtiberina e la E45 siano etichettabili come superstrade, secondo la definizione attuale. Anzi, a voler usare il gergo burocratico, strade di grande comunicazione. Una beffa.

Chiamatela pure grande comunicazione quella che passa da una buca a un restringimento di carreggiata, da un guard-rail che delimita una carreggiata troppo stretta a un viadotto eternamente chiuso per ristrutturazione e a un asfalto a dir poco indecente. Persino dove il manto ha al massimo quattro-cinque anni. La prova di come si fanno gli appalti sotto la regia dell’Anas. Insomma, ci portiamo anche in vacanza i problemi di tutti i giorni, ben sapendo che le soluzioni sono ancora lontane, forse lontanissime perchè nessuno sa dire se e quando saranno adottate. Verrebbe voglia di parafrasare Carlo Levi e dire che sono più lontane del cielo e più maligne, perchè stanno sempre dall’altra parte.

Ironia vuole che in pieno esodo, dopo i ripetuti slittamenti di primavera, torni a riunirsi il tavolo tecnico dell’Anas sulla Due Mari e in particolare sull’alternativa (meno costosa) al nodo di Olmo. Qui già si litiga sulle ipotesi di tracciato, ma prima bisognerebbe sapere se l’Anas e lo stato sono disposti a metterci un centesimo e se c’è un privato capace di investire al loro fianco con il sistema del project financing. Mistero doloroso e chissà se dopo c’è almeno un mistero gaudioso. La parola ai protagonisti.