Arezzo, 15 luglio 2011-  E ora chi glielo dice a Vasari? Chi prende il coraggio a quattro mani di raccontargli che la sua piazza, uno dei gioielli dell’architettura mondiale, per fare il botto è dovuta salire a cavallo di una lanterna di fuoco? Difficile da spiegare. Specie a chi, in fondo, un po’ per età e un po’ per prestigio, avrebbe tutto il diritto di fare il permaloso. Però è così.


La piazza che si riempie una volta al mese, grazie alla Fiera, e che poi vive dello spirito di iniziativa dei turisti, per una notte ha ballato da sola. Ha ballato tra quei faccini volanti. Mini-mongolfiere, sorrisoni a prescindere che si staccano da terra al fuoco di una candela. Una settimana fa avevano fatto il botto a Sant’Agostino, Una settimana dopo hanno rianimato Piazza Grande. Beninteso il muro di folla è rimasto nel Corso. Ma la gente ha imboccato più del solito l’erta finale del Corso.

Ha superato sorridendo, quasi quanto i palloncini, il confine di stato del Canto de’ Bacci. Per sciamare fin lassù, alla piazza della Fiera e del Saracino. Merito dei sorrisi volanti. E insieme anche di una buona idea. Un carburante raro quanto potente e i cui ottani mettono un tigre nel motore. Una notte. Una notte di festa. da mandare a mente, magari popolando i nostri sogni di quei sorrisi volanti.

Con il sapore di certe immagini del Foto Club La Cbimnera: ieri era un artista del circo, in equilibrio precario su un filo tirato da un tetto all’altro della piazza. Oggi sono le lanterne di fuoco. Ma ieri come oggi quella piazza ha bisogno di altro.
Una notte colora la fantasia e scatena l’ingegno. Ma non basta.  Da lì passano i guai e le speranze della città alta, da lì le spine si trasformano in petali. Dalla chiusura del Tribunale, in passato vissuto come una zavorra di cui liberarsi, in poi il salotto è diventato non un ripostiglio ma al massimo una stanza peer gli ospiti. Bella, tirata a lucido ma mai di rappresentanza: e soprattutto aperta e vissuta solo nelle grandi occasioni. E invece quella è la piazza della vita.

Lo era con il mercato, lo è con la Fiera, lo deve diventare 365 giorni all’anno. Compriamo un budget di lanterne di fuoco? No, il fuoco va acceso sotto il Palazzo di Fraternita. L’ente ha fatto il suo, trasferendo gli uffici e riaprendo la torre dell’orologio. Ma ora il testimone passa agli altri, Comune in testa. Il bidone vuoto deve tornare ad essere un serbatoio di idee, affari, presenze. I progetti gli ritagliano il ruolo di palazzo della musica. Ma prevedono anche spazi commerciali, un itinerario tra i prodotti aretini, l’apertura degli archi di via Vasari. E intanto i privati fremono, disegnano scenari, ipotizzano arrivi a sorpresa. Lo diceva Beppe Angiolini ieri, proprio su queste colonne. E’ il momento di gridarlo dai tetti, magari nell’euforia per la notte delle lanterne di fuoco. E farlo presto, rompendo gli indugi. Piazza Grande deve tornare a volare. Non solo per una notte. Non solo al fuoco di una candela.