Arezzo, 13 luglio 2011 - Nel giorno in cui torna nella bufera Chimet, azienda solidissima dal punto di vista economico ma periodicamente esposta ai guai giudiziari, il testimone della speranza lo prende Eutelia. Gruppo assai meno forte, di questi tempi, della superpotenza creata da Sergio Squarcialupi partendo da una costola della UnoAerre, ma che adesso può ricominciare a camminare da solo. Dopo un anno abbondante di gestione commissariale.
Il bando di vendita, atteso per mesi, è arrivato più o meno nella data in cui era stato promesso dopo l’ultima tempesta di polemiche. Certo, resta il rammarico per tutto il tempo che se ne è andato invano e che magari non ha giovato alla salute dell’azienda telefonica di via Calamandrei. Perchè i commissari hanno sicuramente fatto al meglio la loro parte, ma una gestione sotto il controllo del tribunale è sempre precaria per chi deve lavorare sul mercato, specie sui mercati tempestosi di queste ultime settimane.

Comunque, meglio tardi che mai. O forse, per dirla col vecchio maestro Alberto Manzi (per chi se lo ricorda), non è mai troppo tardi. In fondo, per quanto se ne sa, i problemi di Eutelia sono meno di natura industriale che non finanziaria. Non ci fossero insomma le conseguenze delle scorribande di cui il bilancio dell’azienda ha pagato un salatissimo prezzo, via Calamandrei avrebbe ancora un suo appeal per gli acquirenti LO dimostrano le cordate che stanno scendendo in campo per aggiudicarsi quanto resta di quello che fu il quarto gruppo telefonico nazionale.

Non è il caso qui di esprimere preferenze sui candidati all’acquisto. Tocca ad altri di stabilire chi è il migliore per far ripartire Eutelia. L’auspicio è che almeno, con l’uscita dei Landi, sia finito quel meccanismo predatorio che è stato contestato dalla magistratura e che presto sarà oggetto di un processo. Molti in una famiglia già potentissima si preparano ad ammettere responsabilità nel crack col patteggiamento previsto a settembre. Altri, come Samuele Landi, proveranno a difendersi in aula. Ma ormai è storia del passato, che deve andare a sentenza perchè è opportuno che si faccia giustizia, ma che non riguarda più gli oltre trecento dipendenti cui è toccato di pagare il conto più caro. Con la cassa integrazione a rotazione.

Ripartire senza zavorre è interesse loro ma è anche l’esigenza di una città che non può vivere solo di piccola impresa, che ha bisogno di punti di riferimento solidi pure a livello di aziende più grandi. Forse è la volta buona. Sperando che non ci siano sgradevoli sorprese nascoste nelle pieghe di un affaire che potrebbe essere giunto all’ultima curva.