Arezzo, 7 luglio 2011 - In molti l’hanno chiamata giustizia divisa, come divisa è rimasta per decenni la memoria di Civitella, secondo la felice definizione di Giovanni Contini in un libro che fede epoca sulla strage del 29 giugno 1944. Verrebbe da chiamarla anche giustizia dissociata, perchè giunge a quasi settant’anni dai fatti, quando sono diventati vecchi non sono i figli delle vittime, ma anche i figli dei figli.

E tuttavia, per rispondere a una domanda ormai classica (che giustizia è così?), è meglio una sentenza tanto tardiva che nessuna sentenza. Serve almeno a placare la memoria dei morti, per dirla con Pavese. Sì, perchè questo è un verdetto che vale soprattutto per la storia, per riaffermare che la barbarie di un tempo in cui persino il male era banale non resta senza conseguenze dinanzi al tribunale dell’umanità, che conta un po’ di più dei tribunali degli uomini. Dal punto di vista pratico, invece, gli effetti saranno modesti. Gli ergastoli, salvo sorprese che sarebbero clamorose, sono destinati a rimanere puramente simbolici (e forse è giusto così, che senso ha incarcerare vecchietti, sia pure impuniti e spesso nazisti non pentiti?), i sopravvissuti o gli eredi delle vittime che si sono costituiti parte civile faranno fatica a riscuotere i risarcimenti pesanti che ieri sono stati disposti dal tribunale militare veronese.

Sarà semmai la Germania a farne una questione di principio, ricorrendo ancora una volta contro il verdetto che la condanna quale responsabile civile dei crimini dei soldati di Hitler. Continuità giuridica con il regime nazista che la Repubblica Federale ha sempre rifiutato, se non altro perchè si aprirebbe un fronte sconfinato, visto la scia di sangue e di dolore che le tante «Hermann Goering» della seconda guerra mondiale seminarono in giro per l’Europa.
Un contenzioso aperto, perchè dinanzi alla corte di giustizia dell’Aja giace ancora la questione aperta dai tedeschi sulla condanna per Civitella.

La sentenza dovrebbe arrivare a breve e sarà un primo punto fermo in una battaglia di diritto dalle conseguenze imprevedibili. Nella quale gli avvocati aretini, a cominciare da Roberto Alboni (ma ieri c’erano con Eraldo Stefani anche Roberto e Simone De Fraja) sono stati grandi protagonisti. Come è giusto che sia per quella che è forse la provincia più colpita dai grandi massacri del 1944: Vallucciole appunto, Civitella, di cui è stato appena commemorato l’anniversario, Cavriglia (tutt’ora impunita) e San Polo, dove la giustizia non arrivò perchè prima morirono i presunti colpevoli. Centinaia e centinaia di vittime in pochi mesi, fra aprile e luglio. Lo stigma di un passato che non vuol passare.