Arezzo, 29 giugno 2011 - Il mondo te lo lasci alle spalle a Ponte a Poppi. Non ti saluta neanche, perché non fa in tempo. Perché il tempo si ferma lì, sulla curva della strada di Quota. All’inizio di un percorso che si immerge nel bosco: e che solo dopo dieci chilometri ti consegna ai vicoli del paese di pietra. Un paese dal profilo montano e le cui case si affollano, o quasi, solo a luglio e agosto. Le altre per ora sono chiuse. E ieri più che mai.

Chiuse quelle a caccia di un affitto, perché nessuno le abita ancora. Chiuse quelle della gente del posto, che è tutta in piazza, ad aspettare l’arrivo del carro funebre. Nella piazza dove la strada finisce e lascia il posto all’acciottolato che poi ricuce l’uno all’altro gli angoli del paese. E’ il paese della tragedia di Poppi. Qui vivevano Lucilla e Nicola .UNA IN FIN di vita e l’altro ucciso nello scontro di domenica. Qui stanno i genitori della ragazza.
 
Qui la coppia stava arredando la casa per andarci a vivere insieme al figlioletto mai nato. Qui scorrono invece le lacrime di pietra. Ma insieme la prima reazione al dolore. Perché la strada sarà stretta e il paese invisibile fino all’ultima curva. Ma qui la gente non ti molla. No, non ti lascia solo. Non chiude la porta al dolore, va ben al di là della tiepida stretta di mano di un qualunque condominio. Non si volta dall’altra parte, come avverebbe da una strada all’altra di un qualunque quartiere. No, piange con te. E soprattutto si carica sulle spalle il tuo doloe. Cammini e trovi tanti che si vanno organizzando per venire in chiesa.

Chi prende sotto braccio un cugino, chi un amico. Ci sono, ci sono tutti. E perfino il negozietto della piazza se non chiude lo fa perché sa che quello è il suo posto, che di lui c’è bisogno. Nicola viene da Pratovecchio, un altro paese. Ma di Quota si era innamorato, e non solo perché era la terra della sua Lucilla. Si era sentito a casa sua, si era sentito accolto. Da vivo: e ora perfino da morto. La cassa sfiora i tetti bassi, le pietre, le finestre chiuse. E poi risale l’erta del cimitero. Lontano dal mondo. O forse, chissà, piantato nell’unico mondo che conta davvero.