Arezzo, 23 giugno 2011 - La questione dei bar chiusi nei giorni festivi può sembrare minore ma non lo è. Non lo è per gli aretini che vivono la città anche di domenica e per le feste comandate; non lo è per i turisti che piano piano stanno scoprendo le bellezze di questo lembo di Toscana. A tal proposito ci sono due fatti che fanno riflettere.

Il primo è di carattere statistico e dice che il turismo ad Arezzo è aumentato di paio di punti rispetto allo stesso periodo dello scorso anni; un dato incoraggiante, che premia un po’ tutte le città d’arte tra le quali la nostra (insieme naturalmente al suo territorio pieno di fascino, di magnifici paesaggi e di un patrimonio artistico d’eccezione) siede a pieno titolo il secondo fatto, già acutamente interpretato da Attilio Brilli su queste colonne, è l’indicazione di Arezzo da parte del prestigioso Daily Telegraph come meta da privilegiare, luogo tranquillo e non ancora ostaggio del turismo di massa, territorio accogliente dove anche la buona cucina diventa motivo d’attrazione. Insomma, la grancassa suona pure all’estero e non possiamo che rallegrarcene.

Ma torniamo ai bar e ai servizi in genere, che rientrano in pieno nell’argomento. E’ ovvio che una città turistica deve presupporre una cultura dell’accoglienza che ancora non ci appartiene del tutto. E quindi locali aperti, una variegata scelta di ristoranti a disposizione, bar che non abbassino le serrande o stacchino la macchina del caffè alla sette di sera.
La novità di giornata va a nostro parere nel senso giusto. La disponibilità della maggioranza dei negozi di Corso Italia e del centro storico in generale di garantire una seconda apertura domenicale ogni mese, non può che favorire la crescita complessiva dei servizi offerti ai cittadini e ai turisti.
 
Il negozio richiama gente e la gente invoglia i titolari dei bar a tenere aperti a loro volta. Un circolo virtuoso capace di innescare altre reazioni a catena e di metterci finalmente al passo con quanto avviene nelle città europee anche di piccole e medie dimensioni. E’ forse ancora prematuro per cantare vittoria, ma saremo attenti osservatori del fenomeno che si va profilando e che coinciderebbe con un salto culturale complessivo della città.