Arezzo, 21 giugno 2011 - Dare un’occhiata a quello che si dice dell’Italia nella stampa estera è sempre salutare. Ci troviamo giudicati da un modo di pensare diverso dal nostro e da un senso civico di cui siamo carenti. La qual cosa vale anche per un contesto più limitato, come nel caso di Arezzo, città alla quale ha dedicato un interessante articolo il quotidiano britannico The Telegraph in data 17 giugno.

Arezzo vi è presentata come la nuova frontiera del turismo in Toscana perché, sostiene l’autore, si tratta di una città relativamente appartata nel contesto regionale, dove non ci si scontra con il turismo forsennato che sta di fatto rendendo infrequentabili altri centri toscani. La stessa Cortona, si legge ancora, in certi momenti dell’anno è rimasta travolta dalla pubblicità che le ha fatto il libro di Frances Mayes.

Paragonata a Firenze, Siena, Lucca, Arezzo sembra restarsene quasi negletta dal grosso della fiumana dei vacanzieri e dei turisti. Secondo l’autore del pezzo, questo costituirebbe un vantaggio e un implicito valore per la città, tanto è vero che il titolo giuoca sul binomio (e sull’allitterazione) “Pace e Piero in Toscana”. Come a dire: se vuoi una città tranquilla che ti offre lo specchio dell' arte, se non hai voglia di imbatterti in frotte itineranti, se ti piace muoverti senza sgomitare nella terra di Piero e del Vasari, vai ad Arezzo.

Chi redige statistiche dei flussi e sogna grandi numeri rimarrà deluso, ma proprio le due parole del titolo indicano il destino di una città che non può non puntare su un turismo colto, selezionato, consapevole delle proprie scelte. Chi si sognerebbe mai di far sfilare code chilometriche dinanzi agli affreschi di Piero, chi si augurerebbe di vedere le stanze di casa Vasari stracolme di gente, chi potrebbe supporre di attendere un’ora per vedere il polittico del Lorenzetti in Pieve? Dislocato in stazioni distanziate le une dalle altre, il patrimonio artistico aretino sembra fatto apposta per suggerire pause, richiedere dedizione ed aborrire la fretta.

D’altronde le due valli artisticamente più ricche che da Arezzo si dipartono, Casentino e Valtiberina, appaiono all’autore ulteriore conferma del carattere aretino. Non a caso per la Valtiberina si usa, come già diceva Muriel Spark, la parola “pellegrinaggio”, sia che si faccia sosta a Monterchi dove purtroppo il luogo dell’esposizione e la teca fanno apparire la Madonna del Parto come una “riproduzione”, o si arrivi a Sansepolcro con la più grande testimonianza dell’umanesimo classico e cristiano, la Resurrezione pierfrancescana, “la pittura più bella del mondo”, come diceva Huxley. Proprio queste caratteristiche dovrebbero farci riflettere sul genere di politica da impostare e sulla consapevolezza da pretendere da chi si appresta a valicare la nuova frontiera del turismo in Toscana.