Poggio Bagnoli (Ar), 9 marzo 2011 -  Ci sono riuscitI al terzo tentativo. Poi sono scappati attraverso i campi, la stessa strada che avevano usato per arrivare insalutati ospiti. E adesso non c’è uno straccio di orafo in tutto quello che è il primo distretto dei gioielli d’Italia che si senta al sicuro.

Non almeno dopo aver visto di cosa sia capace una banda come quella che nella nottata di un giorno da cani ha dato un assalto da almeno 3 milioni di euro alla Salp di Poggio Bagnoli, azienda non grandissima (una trentina di dipendenti) ma ben radicata nel territorio e nella piccola storia di una provincia cresciuta sull’oro. Ci avevano provato già in due occasioni, anche se è difficile pensare che fossero gli stessi banditi. La prima volta cinque anni fa avevano tentato di calarsi dal tetto, la seconda, pochi mesi fa, si erano impantanati con un camion nei campi accanto all’azienda. Al padrone dei terreni che era andato a chiedere cosa stesse succedendo erano arrivate anche le minacce: gira al largo se vuoi tornare a casa. Ma lui aveva chiamato i carabinieri, sventando il colpo.


Non c’era nessuno invece alle 3 e mezzo della notte fra lunedì e martedì a chiedere a una masnada di malviventi cosa ci facessero con un escavatore appena rubato e cinque mezzi pubblici del Comune sottratti pochi minuti prima dall’autoparco municipale, a Pergine, un paio di chilometri a sud di Poggio Bagnoli, dove i banditi hanno potuto agire indisturbati. Almeno fino alle 3,52 del mattino quando è scattato l’allarme. E ci sarebbe mancato altro che non scattasse con i banditi impegnati a demolire letteralmente una delle pareti esterne della fabrica, di proprietà di un gruppo di soci fra i quali spiccano i Neri e i Gronchi di Ponticino. Da quel momento in poi è stata una corsa contro il tempo. Quella dei soliti ignoti che sapevano di avere i minuti contati nel loro assalto al cavea e quella dei carabinieri, che con gli uomini della Mobile si sono precipitati a sirene spiegate. Per trovarsi di fronte, però, ai quattro posti di blocco che i banditi avevano organizzato.


Ed è proprio questo il salto di qualità nella tecnica criminale che è la caratteristica di un colpo che per Arezzo può ben chiamarsi del secolo. Per l’entità del bottone e anche per la capacità logistica dimostrata dai malviventi, prova di un’organizzazione che deve essere stata studiata e messa a punto per mesi. Ci vuole intanto un basista efficiente, che indichi fra le tante fabbriche sparse nel territorio quella nella quale c’è da fare bottino grosso. E ci vogliono poi attenti sopralluoghi per stabilire dov’è l’escavatore da rubare, come si fa a trasportarlo sul luogo del colpo e soprattutto dove piazzare i veicoli che servono a bloccare le vie d’accesso. Una a una senza eccezione.
Lo scuolabus del Comune di Pergine e un camioncino, sono stati sistemati di traverso, con le chiavi rotte e le gomme a terra (come tutti gli altri mezzi utilizzati) all’incrocio fra la Regionale 69 e la strada di Poggio Bagnoli.

La Panda dell’ufficio tecnico, invece, è stata intraversata a nord dell’incrocio, verso Levane. Gli altri veicoli, la Opel Meriva dei vigili urbani, un furgone e un trattore rubato a un privato, sono serviti per gli ultimi due blocchi, quello a sud dell’incrocio, verso Arezzo, all’altezza di Ponte alla Volpe, sempre sulla 69, e quello sulla strada locale che da Poggio Bagnoli rientra a Pergine.


Il resto è stato relativamente facile, anche se di devastante potenza. Perchè ci vuole coraggio e anche sfacciataggine per abbattere il muro di una fabbrica con un escavatore. La zona non è proprio abitatissima, ma le case ci sono e qualcuno ieri mattina ha detto che i rumori li ha sentiti. E poi ci vuole di viaggiare con il cronometro alla mano per sfruttare fino all’ultimo secondo il quarto d’ora dopo il suono dell’allarme, completare il colpo (anche se qualche lingotto si è perso per strada e qualche chilo di gioielli è rimasto nel caveau) e scappare. Probabilmente verso l’Autosole, con 100, forse 150 chili di gioielli in macchina. I conti si fanno alla svelta: al prezzo di ieri dell’oro (29 euro al grammo) sono almeno tre milioni di euro, magari anche quattro, dipende dai conti precisi che sono ancora in corso. Martedì grasso era ieri, ma qualcuno ha festeggiato in anticipo. E quei gioielli destinati a diventare soldi contanti non sono solo l’ultima bollicina della notte di carnevale.