Arezzo, 23 febbraio 2011 - La campanella suona anche per noi: peccato possa essere l’ultima. L’ultima di una storia universitaria che viene da lontano ma rischia di fermarsi a lunedì. Lunedì, il giorno nel quale è riconvocato il Senato accademico. Sul tavolo, immaginiamo tra altri argomenti, il taglio del corso di laurea in lettere. Il preside Walter Bernardi per ora ha fermato le forbici, gettandosi davanti alla lama, mettendo in palio non la sua vita, non esageriamo, ma le sue dimissioni. Ma lunedì? "Non posso credere che si arrivi a tanto": Bernardi, malgrado l’ombra delle forbici, non perde l’ottimismo. E’ ben riposta? I dubbi sono leciti. Proprio ieri arriva da Siena il grido di guerra del suo collega preside Roberto Venuti. "La triennale resta qui. Il nostro ateneo non consente doppioni e il riordino lunedì lo porteremo al Senato". Si scrive riordino si legge addio Arezzo. Se non...


"Un corso triennale unico ma con due sedi: e quella aretina specializzata sulla formazione". Chi comanda? Basta la parola.  Parole con le quali il sindaco Giuseppe Fanfani (nella foto) prova a esorcizzare la 'ghigliottina'. "Manca uno studente? Niente paura: mi iscrivo io". Un paradosso, certo. Anche perché non servirebbe. Un po’ perché le iscrizioni sono chiuse. Un po’ perché a contare è la media degli iscritti degli anni 2007-2009.

"E un po’ — sorride Bernardi — perché non verrebbe registrato come matricola ma come semplice iscritto". E iscritti alla mano saremmo in cassaforte. "Oltre alle 43 matricole già ne contiamo nel 2010 altri 19: ma non contano". Un gioco surreale, dove i numeri e i nomi sembrano perdere significato. "Se studio a Lecce e mi trasferisco qui non rientro in quel conteggio". Comunque ti giri sembra di galleggiare in una stanza nera e senza porte: dove non puoi far altro che sbattere la testa dappertutto.

Una testa che però la città continua a dimenare. Suona il suo telefono preside? "Il sindaco mi ha chiamato subito". Sì, ma l’economia, le categorie, il resto del mondo...? "Beh, ho ricevuto diverse telefonate". Impressione? Non quante ne giustificherebbe il rischio che stiamo correndo.


"Sono allibito, allibito". Giovanni Tricca, presidente della Camera di Commercio, non se ne fa una ragione. "Aspettavamo il rettore ad Arezzo il 4 marzo". Ma il 4 marzo viene dopo quel lunedì: e quell’appuntamento non basta più. "Domattina lo chiamerò subito, vogliamo garanzie. Quel corso non può saltare. O altrimenti...". Altrimenti? "Beh, ci sono risorse che mettiamo a disposizione dell’università che potrebbero tornare in discussione: si rompono anche i matrimoni, figuriamoci gli accordi". "La situazione è difficilissima": il presidente della Provincia Roberto Vasai ti risponde sconsolato all’altro capo del telefono. "Sopprimere una facoltà che va bene non è un buon servizio".


Quindi? "Vorrei dire faremo, diremo: e lo faremo e diremo davvero. Però sarei disonesto a spacciare certezze che non ho: qui sembra di scontrarsi su un muro di gomma, ricadi sempre indietro". E di fondo cadi. Lì dove Fanfani non vorrebbe, iscrizione a parte. "Sono arrabbiato e stupito, mentre tentiamo di parare i colpi del Governo che ci sottrae economia e ingegneria, ora la notizia della soppressione di lettere". La rabbia senza orgoglio: ma un piano di lavoro, almeno minimo. "Chiederò un immediato incontro con il rettore Angelo Riccaboni e con il Ministro. Sì, voglio ci sia anche il ministero per delineare una strategia che non può escludere Arezzo dalla presenza universitaria in Toscana. Pensando al futuro e alle prospettive di sviluppo economico del territorio".

 
Una voce che avrà un peso lunedì, davanti ai 14 membri del Senato Accademico? Di sicuro Bernardi giocherà questa carta. "Non hanno mai accettato la scommessa sul binomio lingue-economia: eppure è vincente, un laureato che sappia di economia in più lingue, non trova chiacchiere, trova lavoro".  Le chiacchiere sono invece quelle che considerano gli studenti iscritti qui come 'senesi' per sempre. "Se perdono Arezzo o smettono o si spostano in massa su Perugia o Firenze". Siena, Firenze, Perugia: quei nomi ci volteggiano intorno, come per prenderci a schiaffi. La partita si gioca su quelle direttrici, è chiaro: ma gli amici, o i 'nostri", quando arrivano?