Arezzo, 8 febbraio 2011 - Di acqua della salute dalla fonte di Manzano in trent’anni non è mai uscita neppure una stilla. In compenso, adesso, la vendita di quelle che avrebbero dovuto essere le terme di Cortona, con l’operazione urbanistica connessa, scatena un vero e proprio terremoto politico-giudiziario. Suggellato dai tre avvisi di chiusura indagine che il Pm Roberto Rossi ha inviato nei giorni scorsi. Destinatari il sindaco Andrea Vignini, cui viene contestato l’abuso d’ufficio, Domenico Tosato, patriarca della famiglia di immobiliaristi romani impegnata in prima persona nel piano di riconversione, e Patrizia Jacobelli, avvocato pure lei di Roma, amica di famiglia dei Tosato, seconda partecipante all’asta che nell’ipotesi d’accusa sarebbe stata addomesticata per aggiudicare l’immobile a un prezzo di favore ai soliti noti. Il signor Domenico e l’avvocato devono rispondere appunto di turbativa d’asta.


Il '415 bis', come si chiama in gergo giudiziario, dall’articolo del codice di procedura penale che lo regola, è l’ultimo atto delle indagini preliminari. Significa, detto in soldoni, che il pubblico ministero ha concluso la sua inchiesta ritenendo di avere gli elementi per andare a processo. Ora gli avvocati degli indagati hanno venti giorni di tempo (ma alcuni sono già trascorsi) per chiedere integrazioni probatorie o l’interrogatorio degli accusati. Poi il Pm Rossi deciderà se inviare la richiesta di rinvio a giudizio al Gip o archiviare tutto, convinto dagli elementi presentati dalla difesa. Ipotesi, quest’ultima, quasi di scuola, perchè ben di rado si è visto un pubblico accusatore rinunciare alle proprie convinzioni in questa fase finale di inchiesta.


Lo scenario è quella di uno dei più grossi progetti urbanistici varati non solo a Cortona ma in tutta la provincia negli ultimi anni. La trasformazione cioè della fallimentare operazione terme (negli anni è costato una tombola al Comune) nel Golf Resort Manzano: un campo di gioco da 18 buche, strutture ricettive, piscine, verde e villette. Piano votato dal consiglio comunale di Cortona con una variante che prevede edificazioni per 23 mila metri cubi in un’area di un’ottantina di ettari. E’ nel quadro di tale intervento che le vecchie terme (superficie di circa tre ettari) vengono messe all’asta. Siamo nel 2006 e, prima ancora della gara, la famiglia Tosato comincia a rastrellare terreni nella zona, circa 70 ettari che fanno da corona alla struttura termale di Manzano.


Le voci corrono, ci sono incontri pubblici e pour parler privati. Nel novembre 2006 Luciano Meoni, allora consigliere di An (ora finiano) si alza nell’aula comunale per dire che si sa già chi vincerà l’incanto. E infatti, quando l’asta si svolge, il 1 marzo 2007, se l’aggiudica per un milione di 870 mila euro proprio Domenico Tosato, una delle due persone fisiche (ancora non ci sono società di mezzo) partecipanti. L’altra è appunto Patrizia Iacobelli, che garantisce la regolarità di una gara nella quale per statuto devono esserci almeno due concorrenti. In realtà, la sua è una presenza svogliata. Si limita a un rilancio di 20 mila euro sulla base d’asta e poi lascia campo libero a Tosato, che alza di altri 20 mila euro e chiude i giochi. Meoni non ci sta, dubita delle modalità e presenta un esposto in procura. Parte l’indagine, affidata in un primo momento ai carabinieri locali che vengono successivamente integrati dalla Guardia di Finanza di Arezzo, cui spetta il ruolo preponderante nel paziente lavoro di scavo.


L’avvocato Jacobelli, sentita dalle Fiamme Gialle, spiega che ha partecipato per fare un piacere ad amici. Intanto, Tosato e la sua immobiliare 'Firet' vendono alla 'Manzano Sviluppo', società nella quale ha una presenza importante la famiglia Romiti: Cesare, ex amministratore delegato di Fiat, e i figli. Di questa seconda società è amministratore l’ingegner Stefano Tosato, figlio di Domenico.


Ma sia i Romiti che quest’ultimo sono fuori dall’indagine, non c’entrano con l’asta. Per quanto riguarda il sindaco Vignini, invece, si ipotizza che sapesse in qualche modo del modo in cui si sarebbe svolta la gara e che in tale contesto abbia inserito la variante urbanistica. Abuso d’ufficio, dunque, cioè di aver "procurato intenzionalmente ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale". C’è sempre ovviamente, e fino a sentenza definitiva, la presunzione di innocenza, ma il caso scotta più che mai.