Arezzo, 26 giugno 2010 - "Tribuna A": la freccia colorata ieri all’ora di pranzo ancora troneggiava all’angolo del Canto dei Bacci. Un cartello quadrato, appoggiato alla segnaletica della strada. La segui e, a scanso di equivoci, alla deviazione di via Seteria, ecco un’altra segnalazione: Tribuna A. Poi arrivi in piazza e la tribuna A non c’è più. Ma in compernso c’è tutto il resto. I due cartelli, che nessuna mano sapiente ha trovato il tempo di togliere. E una piazza "nuda". Rossa, un po’ per il mattonato e un po’ per la vergogna di ritrovarsi a quasi una settimana dal Saracino in quelle condizioni. Di aver perso l’ultimo treno.

 

Perché l’impegno, già largo, preso dai rettori con gli operatori era stato chiaro: smontaggio da completare entro giovedì 24. Ma ieri era venerdì e il cantiere teneva banco."Beh, ha piovuto..." si giustifica qualcuno, alzando mollemente la mano verso il cielo. Anche se forse sa per primo che è difficile scaricare il barile così in alto. Perché se Giove Pluvio ha aperto le cataratte, le contromosse possibili sarebbero state tante. Magari coprire con un telo la lizza sabato sera. "E’ intollerabile: sono stato ieri sera a controllare, invitato dagli operatori delle Logge, e la situazione era grave". L’assessore Giustini aveva scongiurato la serrata della piazza, promettendo un confronto serrato tra giunta, rettori e il popolo di Piazza Grande. Ma ora la promessa ha una scadenza, come lo yogurt e il tempo dei cantieri: entro la fine di giugno. Alle 19.30 ancora la ferraglia teneva banco, oltre ogni limite. "Non possiamo aspettare oltre" conferma dalle Logge Andrea Fazzuoli, uno dei punti di riferimento della protesta.

 

Non perche’ i tempi dell’altro Saracino brucino: ma perché il timore è che tra pochi giorni tutti si dimentichino della gabbia, del fango e del caos. Che invece fino a ieri hanno tenuto banco. Oltre ogni previsione. "Di operai al lavoro ne ho visti pochi, sulla terrazza del Palazzo di Fraternita c’erano ancora i bagni chimici". Giustini inchioda i termini della protesta. La pioggia ci ha messo il suo, è chiaro. Ma in questi casi non dovrebbero essere aumentati gli operai al lavoro? E in ogni caso non si era parlato di due squadre congiunte?  Interrogativi, che rimbalzano sulla lizza ancora soffice di terra. Le tribune ieri mattina non c’erano più. Ma c’erano i tubi di gomma blu, arrotolati ai lati del mattonato. C’erano le transenne imballate da scaricare. C’era la gabbia del cantiere. Una parte dei ristoratori l’ha scansata da sè, come una coperta d’estate, come se gli togliesse il fiato. E intanto aveva piazzato un cartello sul lato basso della piazza, tanto per segnalare la presenza dei propri locali a eventuali turisti o avventori.

 

Un cartello sulle sabbie mobili, tanto per provare a sopravvivere nella tempesta. Lì dove qualcuno se la prende con la terra, qualcun altro con le tribune, un terzo con i bagni chimici.  "No comment" risponde asciutto il vicesindaco, e assessore alla Giostra, Giuseppe Marconi. Che alla vigilia era entrato in rotta di collisione con i rettori. I chiarimenti sono rimandati di qualche giorno. Meglio pochi che troppi. Perché tra meno di due mesi saremo ancora lì: sull’orlo di una gabbia, tra i camion di terra, pronti a riappendere la freccia colorata per la "Tribuna A".