Conflitto di interessi Bpel, 90 milioni di crediti deteriorati per gli ex vertici

Nuove anticipazioni sulla relazione del liquidatore Santoni. In fumo il 57%, la media della banca è del 40%

La manifestazione dei risparmiatori di Banca Etruria a Empoli. Foto Gianni Nucci/Germogli

La manifestazione dei risparmiatori di Banca Etruria a Empoli. Foto Gianni Nucci/Germogli

Arezzo, 25 maggio 2016 - Il conflitto di interessi è stato il tarlo che si è divorato, dentro la vecchia Banca Etruria che affondava, quasi 90 milioni di euro solo con gli ultimi Cda. Ma se si risale ancora più indietro nel tempo le cifre continuano ad aumentare: basti pensare ai 62 milioni di crediti deteriorati (con perdite per 49) accumulati dalla Sacci (cementifici) di Augusto Federici, consigliere d’amministrazione di Bpel fino al 2011 e destinatario di una delle lettere di messa in mora con il liquidatore Giuseppe Santoni chiede 300 milioni di danni in solido a 35 ex amministratori di via Calamandrei.

Bene, nella relazione sullo stato di insolvenza depositata in procura dove sarà una delle basi dell’inchiesta per bancarotta, lo stesso Santoni riassume un dato già noto fin dai tempi in cui furono resi noti gli esiti delle ispezioni di Banca d’Italia.

In particolare l’ultima che al 30 settembre 2014 rilevava interessi di 13 consiglieri e 5 sindaci in 198 posizioni di fido, per un importato totale accordato di 185 milioni, 142 dei quali effettivamente erogati, con perdite per 18. Il di più che il liquidatore aggiunge è il destino di tali finanziamenti. Se cioè siano rimasti in bonis (concessi e restituiti) o se si siano trasformati in un buco per la banca.

Stando ai conti di Santoni, otto posizioni per 40,8 milioni sono finite a finite ad incaglio (il primo stadio di deterioramente del credito), undici per 41,8 milioni si sono invece rivelati vere e proprie sofferenze. Una, infine, per 9,8 milioni, è stata ristrutturata, cioè rinegoziata con scadenza più lunga. I calcoli si fanno alla svelta: anche a non considerare il fido ristrutturato, siamo a 82,6 milioni di crediti deteriorati su un totale di 142,, all’incirca il 57 per cento dei finaziamenti deliberati in favore di aziende cui erano interessati gli amministratori.

Una media che è nettamente peggiore del 40 per cento di crediti deteriorati di Etruria sul totale di quelli concessi, che era già altissima. Secondo Banca d’Italia la peggiore o una delle peggiori dell’intero sistema creditizio nazionale. «Al riguardo - scrive il liquidatore - indipendentemente dal rispetto delle prescrizioni di legge, nel caso di Bpel assumono un autonomo rilievo gli importi dei crediti erogati, e poi passati a sofferenza, a esponenti aziendali...In altre parole appare comunque anomala la circostanza che tante posizioni così deliberate abbiano dato poi luogo a partite a sofferenza o comunque bisognose di ristrutturazione e tali da generare perdite a danno della società».

Il tutto rientra in quella che il liquidatore definisce nella sua relazione «gravi carenze in materia di erogazione e di gestione del credito». A giudizio del commissario della vecchia Bpel, «la gravità delle anomalie sono da ritenersi emblematiche del modus operandi che ha condotto la banca al dissesto».

E’ in questo quadro che Santoni riprende un giudizio durissimo degli ispettori di Banca d’Italia sull’ultimo consiglio presiediuto da Giuseppe Fornasari: «Il Cda si rivelava perciò fondamentalmente inadeguato per l’accoglimento acritico delle analisi e delle proposte dell’esecutivo (il direttore generale Luca Bronchi e la struttura della banca Ndr).

L’attività di supervisione sulla gestione era priva di adeguati approfondimenti, la decisione di varare l’aumento di capitale da 100 milioni (la cui insufficienza è ora contestata nel processo per ostacolo alla vigilanza Ndr) non considerava il rischio reputazionale derivante dall’emersione di perdite su crediti tali da rendere insufficiente l’operazione, i risultati delle controllate strategiche erano sensibilmente inferiori alle attese ma mai sottoposti a verifica critica». Anche così la vecchia Etruria è sprofondata nel crac.

di Salvatore Mannino