Bufera Pd, Cutini a Dindalini: "Dimettiti". Ma la direzione slitta su scelta di Roma

Segretario: "Ci adeguiamo ma meglio sarebbe stato partire dai territori per le verifiche". L'exassessore: "A costruire una storia nuova non possono essere gli attori di sempre"

Andrea Cutini

Andrea Cutini

Arezzo, 26 giugno 2016 - Volano basse nel Pd sconfitto alle elezioni. Domani eraè in programma la direzione nazionale nella quale il segretario provinciale Massimiliano Dindalini avrebbe dovuto rimettere  il mandato a disposizione: ma slitterà su richiesta del nazionale e del regionale. "La decisione è stata assunta sulla base della richiesta dei vertici nazionali e regionali del partito di tenere le assemblee degli organismi territoriali solo dopo quelli nazionale e regionale" comunica la segreteria, con lo stesso Dindalini a chiedere di far presto.

Dindalini aveva già posto le condizioni per restare: «Non sono disponibile a fare il traghettatore fino al referendum, o si imposta un percorso serio oppure me ne vado e resto semplice iscritto». Dindalini ha anche messo l’indice sull’anomalia di un segretario praticamente privo di poteri, visto che ogni segreteria comunale può decidere in modo autonomo, spesso creando situazioni conflittuali che poi sfociano nei disastri alle urne.

Ma non mancano le critiche a Dindalini, rimaste finora sotto traccia almeno pubblicamente. A rompere il silenzio, e di fatto a chiedere le dimissioni del segretario, è stato con un post su facebook Andrea Cutini, già assessore provinciale e candidato alle ultime elezioni regionali. Cutini lamenta la mancanza di «alleanze che definissero il perimetro del centrosinistra», ma dice anche che carente è stato «l’elemento programmatico su cui le alleanze andavano costruite».

Di qui le sconfitte. E’ dunque il programma, sostiene Cutini, ciò che «è mancato a livello provinciale, era necessario un ruolo più attivo del Pd, soggetto in grado di elaborare politiche sulle quali definire alleanze e candidature e evitare che tali percorsi si traducano in faide». L’ex assessore riconosce che il partito provinciale «non ha più il ruolo che aveva prima dell’elezione diretta dei sindaci».

Allo stesso tempo però «non possiamo non aspirare a un partito che sappia contenere i personalismi». E dunque «è arrivato il momento dell’assunzione delle responsabilità». Ma per «ritrovare unità e partecipazione» servono «un cambio, una fase di riflessione, una gestione condivisa e unitaria. Difficile pensare che si possa essere credibili se a scrivere una storia nuova si siedono gli attori di sempre». E’ il preludio a quella che potrebbe essere una resa dei conti interna, già domani o nelle prossime settimane.

di Sergio Rossi