Avere 12 anni e pesare 22 chili. Il diario di una ragazzina che voleva essere leggera. Il commento di Mario Perrotta

La storia è una delle otto finaliste del "PremioPieve" 2015. Anteprima ad Arezzo il 4 settembre. Cerimonia a Pieve dal 18 al 20 settembre

perrotta

perrotta

AREZZO 29 agosto 2015 - Ancora una delle otto storie finaliste del "Premio Pieve 2015" per l'Archivio diaristico nazionale. Storie che presentiamo ogni giorno su La Nazione e che verranno raccontate ad Arezzo il 4 settembre alel 17,30 nel giardino pensile della Provincia nell'anteprima aretina in vista del premio che si terrà a Pieve Santo Stefano dal 18 al 20 settembre.

A rendere omaggio all'Archivio questa volta è l'attore Mario Perrotta che dell'Archivio è diventato un testimonial.

"Non posso dimenticare le sensazioni che ho provato quando ho visitato per la prima volta l’Archivio dei diari. Un luogo unico, che mi ha colpito per molte ragioni. Una in particolare ha stimolato subito la mia curiosità: la scelta di usare come criterio di collocazione delle testimonianze sugli scaffali, il loro anno d’arrivo in fondazione. Un criterio, ho pensato istintivamente, che potrebbe favorire strane vicinanze, abbinamenti sorprendenti. Potrebbe capitare, e infatti a me è capitato, di intravedere il diario di un repubblichino posto al fianco di quello di un partigiano. Ho ipotizzato che questi potessero finalmente provare a dialogare tra di loro, oppure continuare a confliggere e chiedere di essere spostati. Mi sono divertito a immaginare che i diari, le memorie e le lettere delle persone continuassero ad avere una vita propria, che andasse oltre il solco autobiografico di chi li ha scritti. Questo spunto, questa idea è poi divenuta il cuore de “Il paese dei diari”, il libro che ho avuto il piacere di scrivere nel 2009, su invito degli amici di Pieve, per celebrare il 25 anno di vita della fondazione. Mi sento molto legato all’Archivio, non solo per il libro e non solo perché da molti anni ne sono il “testimonial”. Il nostro è un legame più profondo, fondato sul presupposto che in quel luogo siano conservate storie radicate nel mio dna. Mio, e di tutti gli italiani. Penso alle storie di emigrazione, giusto per citare l’esempio di una tipologia di scrittura autobiografica abbondante tra i materiali di Pieve. Poco importa che si parli di vicende di emigrati che vivono a Londra oggi, o di quanti raggiunsero l’America del Sud a inizio Novecento o di quelli impiegati nelle miniere del Belgio nel secondo dopoguerra. Se cerchiamo fino al secondo grado di parentela, ognuno di noi potrà scoprire di avere almeno un emigrante in famiglia. Le loro storie sono la nostra Storia, e una parte rilevante di questa è custodita dall’Archivio dei diari". Mario Perrotta

 

IL DIARIO DI CATERINA MINNI "INCHIOSTRO" DEL 2014

SONO POCHI 12 anni per arrendersi alla vita, troppo pochi. E sono pochisimi anche 14 anni per arrivare a scrivere un diario che ti prende allo stomaco e ti trascina dentro a un incubo, chiamato anoressia, che ha solo due vie d’uscita: la vita o la morte. Una scelta che a quell’età non si dovrebbe mai arrivare a fare. E’ cresciuta in fretta, tanto in fretta Caterina Minni. Oggi di anni ne ha 16 e si è salvata, ma quando l’anoressia la voleva portare via con sé ne ha solo 12. Due anni dopo, sulla via della guarigione comincia a scrivere il diario, ad aprirsi alla vita, a riaccettare l’amore, a non voler più pesare 22 chili. Quattro mesi per finire un diario che la vede ora tra gli otto finalisti del Premio Pieve. La più giovane diarista nella storia dell’Archivio. Vive a Città di Castello Caterina, studia al liceo artistico di Sansepolcro, è stata ricoverata al Centro disturbi comportamentali di Todi. Il suo diario intitolato «Inchiostro» ci riporta brutalmente alla realtà e all’attualità, dentro la vita di tante giovani e dentro il dramma di tante famiglie per colpa di una malattia oscura e infida che costringe a mettere tutto in discussione. Una storia che finisce con un simbolo, il tatuaggio sulla caviglia di un’araba fenice, l’uccello mitologico che rinasce dalle sue ceneri. E proprio mentre l’inchiostro le scrive la pelle, Caterina decide di scrivere la sua storia, dalla malattia alla rinascita: «Finalmente è arrivato il momento, il momento di spiccare il volo». CATERINA racconta le sue giornate, lo studio, l’affetto delle amiche, la paura e la voglia di affidarsi totalmente, il rapporto con la gente, il malessere che si trasforma in malattia, il rifiuto del cibo, senza filtri. «D’improvviso un flash: quel giorno di metà gennaio mi si rivela nuovamente, mostrandomi delle gambe allora troppo deboli, volare sulla strada, correndo fino allo stremo. Le mie gambe. Fuggire. Da casa. Un brivido mi percorre la schiena, lo stesso brivido provato quel giorno, mentre mio padre mi correva dietro per riprendermi, per afferrare almeno quei 22 kg rimasti, che sfrecciavano via con un misto di rabbia, disperazione e gioia, solo due anni fa. Ritorno in me, corro in camera. Nessuno si è accorto di nulla. Nessuno qui mi dà importanza» Ma per fortuna Caterina non è sola, il velo dell’indifferenza che sente come una prigione si squarcia, subentra l’affetto delle compagne, e Caterina trova il coraggio di confidare a se stessa, e a suo padre, le ragioni del suo disagio in una lettera confessione che arriva dritta al cuore e allo stomaco. «CARO PAPÀ, finalmente ho trovato il coraggio di scriverti. Vivo ancora nel ricordo di te che mi cullavi tra le braccia, forti, ma delicate. Mi sentivo così amata e leggera che non ho mai voluto cancellare quel ricordo dalla mia mente... anzi, dal mio cuore, ma alla nascita di mio fratello, tutto è cambiato: avevi occhi solo per lui e sembrava non avessi tempo per farmi danzare ancora. Sono rimasta ad osservarti, priva del coraggio che serviva a chiederti di farmi di nuovo volare. Intanto stavo crescendo, e il mio corpo si stava formando: non più leggero come un tempo, come quando a te piaceva tanto. Inconsciamente ho deciso di bloccare la mia crescita, di rimanere piccola e leggera, come ai tempi in cui i tuoi sguardi erano indirizzati a me, e sentivo il tuo amore». Caterina ha solo 14 anni quando decide di voler vivere.