Ascanio Celestini al Mix Festival: "Racconto storie per capire la società di oggi"

La nostra intervista all'attore che sarà in scena stasera al teatro Signorelli di Cortona

ascanio celestini

ascanio celestini

AREZZO 31 luglio 2015 - HA QUASI le valigie pronte per andare al festival del cinema di Venezia Ascanio Celestini, dove porterà fuori concorso il suo ultimo film «Viva la sposa» ambientato nel quartiere romano del Quadraro. Ma prima ha un impegno. Stasera il monologhista e affabulatore del teatro italiano sarà al Mix Festival, al teatro Signorelli di Cortona alle 21,30 con i suoi racconti d’estate «Storie e controstorie», tappa del tour estivo in un «mix» fra teatro, letteratura, storie, storielle e barzellette.

Barzellette?

«Sì, lo spettacolo cambia a seconda del posto e del tipo di pubblico. Se ci sono bambini racconto storie, se ci sono adulti e studenti faccio altre cose. La scaletta cambia se siamo a teatro o in un parco o in spiaggia. Lo scopriamo solo all’ultimo. E a volte comincio con le barzellette, l’unico patrimonio di narrazione orale rimasto oggi che ci racconta qualcosa della società in cui viviamo. A volte inizio con i racconti della tradizione orale, con le storie di vita della seconda guerra mondiale, con mio padre o con le narrazioni piu legate al presente».

Storie che comunque parlano di uomini semplici, quasi ai margini della società.

«Raccontare l’ospedale psichiatrico, il carcere, la fabbrica è un modo per raccontare l’essere umano nella sua forma più semplice, ovvio che ognuno parla di chi gli somiglia di più. Cerco di guardarmi intorno, di guardare quello che ho davanti agli occhi. Non cerco la mostruosità, ma quanto noi siamo mostruosi».

Nostalgia del passato?

«Sicuramente, ma non penso al passato come a qualcosa di perduto, ma a quanto del passato ci sia nel nostro presente. Raccontare storie serve a capire quello che ci sta accadendo».

E cosa ci sta accadendo?

«Che siamo quello che gli altri ci dicono. Non ci raccontiamo più, siamo quello che qualcun altro ci racconta, siamo le favole che ci hanno insegnato, non cerchiamo di utilizzare verità nostre perché è più facile ripetere la narrazione dominante. Se vado al bar e ripeto quello che ho sentito e letto e se tutti hanno sentito e letto le stesse cose è più semplice».

Silvia Bardi