E' morto Albertazzi: qui l'ultimo ricovero e il caso del plotone di esecuzione di Sestino

Uno dei "mostri sacri" del teatro italiano alla fine di marzo aveva interrotto il tour per una serie di controlli al San Donato. Nel periodo bellico l'accusa, da lui sempre negata, di aver "giustiziato" un partigiano: le controversie fino all'assoluzione

Rossini/LaPresse

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Arezzo, 28 maggio 2016 - E' morto questa mattina in Maremma, nella tenuta della famiglia, Giorgio Albertazzi, uno dei più grandi attori italiani.  Da tempo era sofferente e il suo cuore si è fermato alle 9. Aveva 92 anni ed era stato fino a pochi mesi fa in tournée con le Memorie di Adriano.

Regista, sceneggiatore, autore teatrale. E una vita che si era spesso incrociata con Arezzo,fino agli ultimissimi giorni.

Giorgio Albertazzi avrebbe dovuto esibirsi in una delle sue mille serate il 23 marzo a Schio, in uno degli spettacoli a lui più cari, proprio le "Memorie di Adriano". Ma aveva avvertito un forte affaticamento e aveva preferito fermarsi. Per tornare qui: stavolta non per calcare un palcoscenico, come ha fatto tante volte negli anni prima al Petrarca e poche stagioni fa alla Badia in una tre giorni molto intensa, ma per farsi ricoverare al San Donato.

Non tanto un'emergenza, anche se il campanello d'allarme era stato forte, ma una serie di controlli: e per i quali l'artista, un autentico "mostro sacro" dello spettacolo italiano, aveva scelto proprio Arezzo. E lo aveva fatto, come succede a molti pazienti anche meno illustri, per stima nei confronti di un professionista di punta della nostra sanità, Leonardo Bolognese, il primario di cardiologia, e su consiglio di un altro primario e grande amico, il dottor De Angelis.

Ma Arezzo si era spesso incrociata con la sua vita. L'accusa di collaborazionismo per aver fatto parte come ufficiale della Guardia Nazionale Repubblicana di Mussolini e la vicenda di Sestino, dove Giorgio era stato accusato di aver guidato il plotone di esecuzione contro un giovanissimo partigiano, una vicenda controversa venuta fuori anni dopo e che lui ha sempre negato e per la quale alla fine era stato anche assolto. Ma senza mai riuscire a convincere il paese, malgrado un lungo carteggio anni dopo con il sindaco.

Il partigiano si chiamava Ferruccio Manini, giustiziato da un plotone di repubblichini. Chi lo comandava era il sottotenente Giorgio Albertazzi? Alla fine degli anni '80 Arrigo Petacco aveva invitato l'attore a ricordare quell' episodio in Tv. Poi ancora, ieri mattina, un' intervista dell' attore è stata diffusa al giornale radio. Poi un'intervista, che aveva alimentato lo sdegno di Sestino.  Albertazzi sosteneva di essere stato processato per la presunta fucilazione di Manini, e poi assolto per non aver commesso il fatto. Dal paese un testimone raccontava invece che  Albertazzi aveva un superiore, il tenente Pesaresi, che però quel giorno non c' era.

Quel testimone, Giancarlo Bartolucci, racconta anche di aver testimoniato a Bologna,compreso il colpo di grazia a Manini, e che in quella occasione Albertazzi aveva confessato tutto. Poi c' è stato effettivamente un altro processo ed è finito come sanno tutti: è stato assolto per non aver commesso il fatto.  

Nel 1946 il futuro attore era solo uno dei tanti tenenti repubblichini in attesa del giudizio della corte d'assise per collaborazionismo. E in quell'occasione era nata proprio al San Benedetto la grande amicizia con l'allora cappellano militare don Tullio Cappelli, che l'attore avrebbe inserito anche nella sua autobiografia: fino a collaborare alla trasformazione della cappella interna al carcere

 E poi dopo allora l'impronta dell'attore, con una presenza costante nei cartelloni di tante stagioni teatrali al Petrarca, fino alle giornate della Badia, nelle quali Albertazzi aveva tenuto banco per giorni, sempre davanti ad un grande pubblico.