{{IMG_SX}}Arezzo, 11 aprile - Non hanno neppure provato a difendersi, anche perchè c’era poco da difendersi dinanzi all’evidenza delle prove, in particolare di intercettazioni telefoniche assolutamente sconcertanti sul modo in cui pagavano mazzette ai necrofori dell’ospedale in cambio di notizie in anteprima su chi moriva al San Donato. All’udienza preliminare di Defuntopoli, lo scandalo che nel febbraio 2002 mise a rumore la città, i quattro impresari funebri della Cof (Chimera Onoranze Funebri), quelli che furono arrestati (custodia domiciliare) nel blitz della squadra mobile, hanno subito avanzato istanza di patteggiamento della pena. Un anno e otto mesi ciascuno per Mirko Vitellozzi, Luigi Lapi, Mario e Alessio Lorini. Il Pm Julia Maggiore, che ha seguito l’inchiesta fin dal primo giorno, e l’avvocato Francesco Molino, hanno raggiunto l’intesa nei giorni scorsi, bisognerà vedere adesso se è d’accordo anche il Gip Anna Maria Lo Prete, che ieri ha rinviato tutto al 5 giugno per l’impedimento di un paio di difensori. Resta da decidere, dunque, la sorte degli altri imputati: cinque necrofori del San Donato che sono sospesi dal servizio ormai da due anni, altri imprenditori funebri, cui viene imputato lo stesso vizietto di pagare tangenti, un paio di dipendenti che erano il tramite materiale delle bustarelle.

 


Tranne uno, il cui avvocato, Piero Melani Graverini, si è riservato di ricorrere al rito abbreviato, questi ultimi sembrano tutti decisi ad andare a processo. Per sfruttare meglio le loro chances difensive e anche come tattica dilatoria per ritardare il momento in cui la Usl, in caso di condanna, avvierà le procedure per le sanzioni disciplinari, probabilmente il licenziamento. Gli accusati in questo caso sono Eugenio Della Monaca, Luigi D’Ambrosa, Franco Baldi, Adolfo Luciani e Antonio Mezzacapo, difesi da Antonio Bonacci, Margherita Caporali e Mauro Messeri. Non si sa invece quale strategia processuale adotteranno gli altri imputati: Luisa Innocenti, contitolare dell’Ofar, un paio di imprenditori del settore la cui posizione è più defilata e di cui 'La Nazione' sceglie per questo di tacere il nome, così come per i due dipendenti che furono corrieri della corruzione altrui.



Lo scandalo esplose fragorosamente dopo mesi e mesi di intercettazioni telefoniche e di appostamenti. Ne uscì di tutto e di più. I necrofori chiamavano le aziende funebri annunciando l’arrivo delle salme in camera mortuaria e gli imprenditori si precipitavano dai parenti offrendo il funerale tutto compreso. La sfacciataggine era arrivata a un punto tale che quando gli uomini della Mobile suonarono all’alba in casa di uno dei soci della Cof si sentirono chiedere se avevano bisogno di un servizio funebre. Debiti scongiuri e poi la notifica delle ordinanze di custodia domiciliare, firmate dal Gip Gianni Fruganti, lo stesso che pochi giorni dopo emise la misura di interdizione per i necrofori. Le intercettazioni consentirono poi di allargare l’inchiesta ad altre imprese. Ora è arrivato il redde rationem. Ma c’è Sant’Indulto a proteggere tutti dalle conseguenze di eventuli condanne.