Mercoledì 24 Aprile 2024

Ebola è peggio dell'Aids

La malattia si trasmette a contatto con i fluidi della persona infetta. Un corso per proteggere il personale sanitario più esposto nell'ambito dell'Italian conference on Aids and retroviruses

Rimini, 18 maggio 2015 - «Il virus Ebola si porta dietro lo stigma dell’Hiv, ma è più contagioso. Per la sua pericolosità può essere paragonato all’Aids di trent’anni fa. I maggiori rischi di contagio sono legati al fatto che basta una semplice esposizione ai liquidi biologici della persona infetta. Per questo il personale sanitario è più vulnerabile e infatti l’ultimo caso riscontrato in Italia riguarda un infermiere di Emergency». Sono affermazioni di Cristina Mussini, professore di malattie infettive a Modena, attualmente a Rimini in qualità di presidente (con Laura Sighinolfi e Andrea Cossarizza) del congresso nazionale Icar (Italian conference on Aids and retroviruses) presso il palazzo dei congressi di Riccione.

La professoressa Mussini sottolinea che il più grande strumento di prevenzione per evitare il contagio da Hiv resta il preservativo «anche se il suo utilizzo è ultimamente diminuito». Oggi la terapia antiretrovirale porta a una sopravvivenza comparabile con quella media dei soggetti negativi e la contagiosità con la carica virale soppressa si abbassa. Tanto si sta facendo nelle scuole con progetti di educazione alla salute per mantenere alta l’attenzione sulle malattie infettive come Hiv e Hcv, l’epatite c. Il dato positivo è che nell’ultimo anno i casi di contagio da Hiv non sono aumentati in Italia. Ma fare ricerca è importantissimo perché al momento non esistono risultati conclusivi per vaccini da somministrare prima o in corso di malattia. La terapia resta sempre quella con i farmaci.

Il congresso di malattie infettive dedica un corso alla prevenzione del rischio biologico negli operatori sanitari. Il ritorno in primo piano delle epidemie in Africa attualizza ancor di più questa iniziativa: essendo l’ebola una malattia che si trasmette anche e soprattutto attraverso il sangue, è molto importante che si seguano determinate precauzioni.

La ricerca italiana è all’altezza delle altre nazioni europee, afferma il professor Adriano Lazzarin, Presidente ICAR, e primario di Malattie Infettive al San Raffaele di Milano. I farmaci antiretrovirali sono disponibili per tutti, manca però un vaccino vero e proprio, poiché gli anticorpi, laddove esistano, non sono in grado di bloccare l’infezione una volta che questa è entrata nella cellule. Si possono solo potenziare le difese immunitarie contro il virus con la cosiddetta vaccinazione terapeutica. Il risultato delle dimostrazioni effettuate finora non ha però mostrato il vaccino come un obiettivo facilmente perseguibile. In merito agli studi internazionali che prefigurano risultati rivoluzionari dunque si può essere ottimisti, ma con molta cautela.

Resta il problema test e prevenzione ovvero il sommerso costituito da quanti ignorano di essere infetti, una questione diffusa poiché l’infezione da HIV è asintomatica nella maggioranza dei casi. Si tratta di quelle persone che hanno dimenticato di essere a rischio, in quanto stanno bene e non vanno a fare il test, e delle generazioni più giovani, che non si sentono in dovere di fare il test perché non hanno paura della malattia. Per questo e altri motivi, è bene non abbassare la guardia.