Va all’Iper: 15enne pestata dal padre

Punita per una passeggiata, ragazza marocchina affidata ai servizi sociali

La polizia

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Forlì, 21 novembre 2014 - ALLE OTTO del mattino la ragazzina — 15 anni — si chiude in bagno. Chiama la polizia, in lacrime: «Mio padre mi ha picchiata». L’intervento degli agenti della Mobile è immediato. Non c’è l’arresto del padre. Si punta a tutelare la ragazza. Che dopo essere stata curata — 20 giorni di prognosi per un trauma cranico e ferite a viso, spalle e costole causate da pugni e schiaffi, recita il referto rilasciato dai medici del pronto soccorso del Morgagni-Pierantoni — viene allontanata dalla famiglia e collocata in una struttura per minori seguita dai servizi sociali.

«È LA FINE di un inferno» ha detto la 15enne, marocchina, agli inquirenti. Ai quali ha riferito anche il perché della furia non solo del padre ma anche dei fratelli, tutti denunciati a piede libero: «Ero andata al centro commerciale con un amico... Ma i miei famiari non vogliono che abbia certi atteggiamenti...e non vogliono che frequenti certi posti... troppo occidentali...». L’allontanamento da casa della ragazza è stato possibile grazie all’applicazione dell’articolo 403 del codice civile. Un «provvedimento di protezione» che per legge firma il sindaco su richiesta di un ente di polizia e dei servizi sociali, allo scopo di tutelare la salute di un minore.

IL PADRE della ragazza, 49enne incensurato operaio marocchino da ormai vent’anni in Italia, e i suoi due figli maschi, sono stati denunciati per lesioni aggravate e maltrattamenti. Da valutare anche l’ipotesi di sequestro di persona. La giovane ha infatti riferito ai detective della Mobile di Forlì, diretti da Claudio Cagnini, coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica Lucia Spirito, di essere stata chiusa a chiave nella sua stanza prima di essere picchiata, dopo essere tornata dal centro commerciale Puntadiferro della zona Fiera. Dove la 15enne era andata a fare un giro con un amico coetaneo, marocchino pure lui.

UNO svago, per il quale la giovane aveva saltato la lezione pomeridiana privata per colmare una punta di dislessia. «Ci vado tutti i giorni, ho saltato solo quella lezione... È stato solo un giretto di un’ora...» ha riferito la ragazzina ai poliziotti della sezione reati contro la persona. «Purtroppo lì al centro commerciale ho incontrato un amico dei miei fratelli...» ha aggiunto lei in lacrime.

L’AMICO dei fratelli, non appena scorge la giovane all’iper, scatta una foto col telefonino e la spedisce agli amici. «Guardate cosa fa vostra sorella...» è il commento al messaggino. Uno scatto e poche parole. Che fanno scattare l’ira dei familiari della 15enne. Che non appena torna a casa viene travolta dalla furia di padre e fratelli, mentre la madre continua a fare i lavori di casa (ai poliziotti dirà: «Loro sono gli uomini e fanno sempre ciò che è più giusto»...).

QUESTO, la sera. La mattina dopo, ancora coi lividi addosso, la ragazzina si chiude in bagno e alle 8 trova la forza di allertare la polizia. Anche perché, da quello che lei stessa ha percepito, il padre e i due fratelli — entrambi operai, di cui uno minorenne — avrebbero già stabilito di riportarla nel paese d’origine, il Marocco. Terra natale della 15enne, sbarcata in Italia nel 2002 grazie al ricongiungimento col padre.

NELLA visione dell’uomo — ascoltato dalla polizia, anche se non ancora messo ufficialmente a verbale —, solo in Marocco, «solo col ritorno alla cultura araba, mia figlia può tornare ad apprezzare i veri valori della vita». La ragazzina però di lasciare l’Italia non ne vuole sapere. «Qui sto bene — ha confidato ai poliziotti —. E adesso che sono fuori da quella casa sto ancora meglio».