{{IMG_SX}}Firenze, 16 febbraio 2008 - L’ultima ventata di veleno se la sono soffiata contro per contendersi l’adesione di Zubin Mehta, il celebre maestro indiano, direttore del Maggio musicale. Questa storia del referendum di domani sulle prime due linee della tramvia strappa solide amicizie politiche, fa litigare fra loro gli ambientalisti, gli storici dell’arte, e frantuma anche i partiti del centrodestra che si avventano contro il sindaco pd Leonardo Domenici perché, insomma, il tram è pur sempre un simbolo della sinistra e va demolito, però non sono manco tanto convinti che bisogna buttare via il progetto e rifare tutto daccapo.

 

Non è una questione di guelfi e ghibellini, né di litigiosità congenita secondo copione del solito luogo comune appiccicato addosso ai fiorentini: si parla di abitudini di vita, di robusti finanziamenti europei, di un treno lungo 32 metri, largo 2,40, alto 3 metri e 30, destinato a tagliare la città con tre linee. La prima delle quali - da Scandicci alla stazione di Santa Maria Novella - è quasi finita ed entrerà in funzione fra un anno. Per sostenere le tesi contro la tramvia hanno riesumato perfino l’icona Giorgio La Pira, il sindaco santo che (1961) fece smantellare le rotaie del vecchio filobus perché "era diventato un pericolo per i pedoni e bloccava la circolazione delle auto".

 

Gli altri, quelli a favore, hanno contestato tutto: la data dello smantellamento (fine anni ’50) e le ragioni (tutte le città, in quella stagione, puntavano sulla mobilità privata). Si è accesa una disputa, alimentata da querele e ricorsi al Tar: il tribunale amministrativo ieri ha sospeso la pubblicità informativa del Comune e il sindaco l’ha bollato come «attivo militante contro la tramvia». E, sempre ieri, un sedicente comitato contro la tramvia ha fatto scendere dal campanile del Duomo uno striscione di 18 metri per 2 che recitava: "Anche Giotto vota sì". Litigano Domenici e Mario Razzanelli, il motore della macchina referendaria, capogruppo Udc in Palazzo Vecchio: i maligni sostengono stia così preparando la sua candidatura a sindaco alle prossime elezioni (2009).

 

Se vince la tramvia, Razzanelli rischia la carriera politica; se perde, il centrodestra è pronto a chiedere le dimissioni di Domenici. Ma il sindaco ha già fatto sapere che il referendum è consultivo, quindi all’atto pratico non cambierà nulla, e lui le dimissioni, semmai, le avrebbe date per candidarsi ora al Parlamento ma ha scelto di restare proprio per concludere i progetti iniziati. Razzanelli non molla e in questo, nonostante i connotati di centrodestra, sta dalla stessa parte del Partito comunista deli lavoratori. Ha convinto grandi firme della cultura a marciare al suo fianco - da Vittorio Sgarbi a Mina Gregori - perché a parte le beghe condominiali di chi teme di non poter uscire con l’auto dal garage, ostruito dai binari del tram, c’è una suggestione che impone il caso fiorentino all’attenzione mondiale: il transito accanto al Duomo e al Battistero.

 

Ma anche qui i sacerdoti non cantano la medesima messa. Domenici, appoggiato da sindacati, categorie economiche e intellettuali come il direttore dell’Opificio delle pietre dure, Giorgio Bonsanti, assicura: "Nel centro della città ci saranno solo binari e pedoni. Il tram non inquina, non fa rumore ed è sicuramente più discreto del passaggio attuale di oltre duemila bus al giorno che fanno tremare la cupola di Brunelleschi". Mina Gregori, e con lei l’ex soprintendente Antonio Paolucci, temono per i mosaici del Battistero e vorrebbero la totale pedonalizzazione di piazza Duomo senza se e senza ma.

 

Oggi le ultime ore della campagna elettorale. Grande attesa per Graziano Cecchini, l’uomo che ha tinto di rosso l’acqua della Fontana di Trevi, e che annunciato: "Colorerò di rosso anche l’acqua dell’Arno".